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Alla scoperta delle diverse forme, consistenze e sapori di questo amato lievitato, che cambia versione da Nord a Sud, restando sempre sfiziosissimo e irresistibile.
E’ una delle protagoniste gastronomiche dell’estate, avvolta nella carta del fornaio a pochi passi dal mare. Da mangiare sotto l’ombrellone tra un tuffo e l’altro, ma anche a colazione come fanno genovesi e pugliesi, accomunati proprio da lei: la focaccia. Un lievitato che da farina, acqua, lievito, olio e sale, impastati al cospetto della Lanterna (il faro di Genova, ndr), può diventare ricco e farcito più si scende verso Sud. Quello della focaccia è un viaggio a tappe di gusto, a zonzo per l’Italia.
La più nota, mangiata e imitata nelle cucine di casa (il paragone è sempre difficile…), è la focaccia genovese, sfornata nel capoluogo ligure ma anche in tutta la riviera di Ponente e di Levante. Segni particolari: strepitosa. Ti fa sentire in vacanza al primo morso. Che sia stata inventata a Zena nella prima metà del 1300 è cosa assai probabile. Una storia lunghissima alle spalle, tanto da diventare uno dei simboli della cultura locale. Per un pezzo di fugassa è sempre il momento giusto: a colazione accompagna il cappuccino (per essere veri local si inzuppa come un biscotto); a merenda è onnipresente, così come all’aperitivo. La si riconosce subito: ha un colore dorato quasi ambrato con alveoli ben visibili, e uno spessore di massimo due centimetri. Croccante sui bordi e morbida all’interno, ben oliata e con qualche fiocco di sale in superficie. Negli ombrisalli (ombelichi in dialetto) ossia i forellini tipici di questo lievitato, si formano piccole puccette di olio extravergine che rendono godurioso l’assaggio.
Della focaccia genovese, tutelata da consorzio e da marchio con relativo disciplinare, sono concesse le varianti con le cipolle, con la salvia nell’impasto e con le olive. Esiste anche una versione più “stirata”, sottile e croccante: è quella che si può gustare nel quartiere di Genova Voltri, dove è un prodotto tipico di nicchia.
Ci spostiamo nel Tigullio dove nasce la focaccia al formaggio per eccellenza: la focaccia di Recco Igp, prelibatezza che viene preparata soltanto nel comune in cui ha avuto origine e nei vicini Sori, Camogli e Avegno. In Liguria è anch’essa un’istituzione: è una focaccia non lievitata, sottilissima e ripiena di formaggio tipo stracchino che ha sostituito quasi ovunque la tradizionale prescinseua, la formaggetta fresca e molto liquida che rendeva l’assaggio un’impresa a prova di sbrodolata fuori dai bordi. Da provare senza se e senza ma.
Scendendo sulla costa toscana, dalla Versilia alla Maremma, passando per la riva degli Etruschi, la focaccia è una sfoglia croccante e sottile preparata con farina, acqua, latte, olio evo, vino bianco, sale e lievito. Un tempo si impastava unendo gli avanzi di pane raffermo bagnati in acqua e latte, e veniva data a pescatori e marinai come provvista da stivaggio. Oggi la si trova in numerosi chioschi, farcita con salumi e formaggi. L’abbinamento tipico? Finocchiona, Pecorino toscano e pesto di carciofi.
Nel basso mantovano, al confine con l’Emilia, invece, si produce il Tiròt di Felonica, una focaccia ottenuta da un impasto di farina, strutto, lievito, acqua, sale e cipolle tagliate sottili. A Borgonovo Valtidone, in provincia di Piacenza, salgono le calorie (e pure il colesterolo), con la Chisola coi grasei, ossia una morbida focaccia a base di farina, acqua, lievito e…ciccioli di maiale. Non esiste sagra senza questa focaccia tipica, un tempo apprezzata dai contadini che la portavano nei campi come merenda sostanziosa.
E arriviamo dunque a Roma dove di focaccia non si sente parlare, ad onor del vero. Qui, ciò che a tutti gli effetti si presenta come una focaccia, prende il nome di pizza bianca, o pizza romana. L’impasto è molto idratato, l’acqua prevale sull’olio, e viene cotta in teglia come una pizza al taglio. E’ parecchio crunchy, ed è un ottimo street food da passeggio tra i Fori Imperiali e Fontana di Trevi. Come quella toscana, anche la romana è farcita. Da provare quella con mortadella, formaggio e crema di pistacchio, o con la porchetta di Ariccia.
A pari merito nella posizione più alta della classifica delle focacce italiane, con quella genovese, troviamo la focaccia barese. Che no, non si mangia solo a Bari, ma dal Gargano sino alle porte del Salento, passando per la Valle d’Itria, le Murge e il Tavoliere. Insomma, questa ruota dall’impasto semplice a base di acqua, lievito, farina, semola rimacinata e patate lesse, è un vero must da spiaggia. Non esiste borsa di paglia o zaino da spiaggia che non ne contenga almeno un quarto, da sola o farcita con mortadella e provolone. Viene preparata stendendo la pasta a mano con le dita unte di olio, all’interno delle tradizionali tegliette tonde in lamiera (che dopo l’uso non si lavano con il detersivo ma solo con un panno umido: così insegnano le nonne a Bari Vecchia!), e condita con olio evo, sale, pomodorini datterini o ciliegino tagliati a metà e pressati nella pasta, olive nere, e spolverata di origano.
Se ci si spinge sul tacco dello Stivale, in Salento, la focaccia barese lascia spazio alla Scéblasti, chiamata anche pizzi. Sono focaccette cotte al forno a legna, dalle forme piuttosto casuali, ma solitamente tonde, ottenute da un impasto di farina, acqua, zucca, olive, cipolla, zucchine, olio, peperoncino, sale e capperi. Deliziose.
Approdati in Basilicata, si va alla ricerca della strazzata lucana, una focaccia dalla forma a ciambella, preparata con farina integrale, acqua, lievito, pepe nero e origano. Si mangia quasi sempre farcita. L’abbinamento imperdibile? Crudo, caciocavallo e peperoni cruschi.
L’ultima tappa del tour delle focacce tocca prima la Calabria e infine la Sicilia. La pitta, focaccia tipica della provincia di Catanzaro, è anch’essa a ciambella. Si impastano semplicemente farina, lievito di birra, acqua, olio extravergine d’oliva e sale. Viene condita, come tradizione vuole, con la sardella (una crema spalmabile a base di sardine, acciughe e peperoncino) ma anche con capocollo, melanzane sottolio, provola silana.
Attraversato lo stretto, si giunge a Messina. Qui protagonista dello street food è la focaccia messinese, un trionfo di sapori siciliani. Viene preparata con semola rimacinata, farina, zucchero, sale e acqua, e strutto (non olio) e cotta nel forno come fosse una pizza condita con formaggio, acciughe, scarola, pomodoro, origano, olio e sale. A Palermo, invece, tra arancini, pane e panelle e cannoli, si passa dal fornaio e con un euro (o poco più) si prende uno sfincione, ossia una focaccia soffice condita con salsa di pomodoro, acciughe, caciocavallo, cipolle e pangrattato. A Bagheria, lo trovate in versione bianca condita con ricotta, cipolle e acciughe. Perfetto anche per un aperitivo al tramonto da ammirare direttamente sulla spiaggia.
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