Dobbiamo sempre affidarci all’etichetta per capire da dove arriva un cibo che stiamo per comprare e se è di qualità, ma con il pesce possiamo fare anche altro.... Leggi tutto
Da tavola o da cucina, a sfera oppure a treccia, di pianura o di montagna: gli esperti di Assolatte e del Consorzio della Bufala ci accompagnano alla scoperta di uno dei formaggi italiani più venduti e conosciuti nel mondo
È il formaggio più prodotto in Italia (ogni anno, circa 400mila tonnellate), fra quelli che di più esportiamo all’estero e anche uno di quelli che più importiamo. È decisamente fra i più conosciuti nel mondo, e se non è il più usato è solo perché la concorrenza del cheddar è spietata. Invece, il camembert l’ha superato da un pezzo, come anche i francesi si sono accorti un paio d’anni fa.
Stiamo ovviamente parlando della mozzarella, e per aiutarci a conoscerla meglio, a sceglierla buona, pagarla il giusto ed evitare fregature, ci siamo rivolti agli esperti di Assolate e a Pier Maria Saccani, direttore del Consorzio di tutela della Bufala. Che ci hanno anche svelato qualche segreto per consumarla e conservarla, in caso di necessità.
Da Assolatte ci hanno ricordato che la definizione di mozzarella dice che “è un formaggio fresco a pasta filata”: fresco perché durante la fase di lavorazione non viene fatta alcuna stagionatura (almeno in Italia, perché negli Stati Uniti è diverso); a pasta filata perché la cagliata (cos’è?) viene investita di acqua bollente, fila e poi viene impastata, a mano o a macchina, per darle la forma che si preferisce.
Per le mozzarelle DOP (la più recente è quella di Gioia del Colle), e in particolare per quella di bufala, la questione del procedimento è un po’ più complessa, perché c’è un vero e proprio disciplinare che va rispettato. Saccani ci ha ricordato che, per essere bufala campana DOP, “il latte deve diventare mozzarella entro 60 ore dalla prima mungitura, si può usare solo latte fresco intero e solo di bufale di razza mediterranea italiana (che altrove non ci sono, ndr) e deve provenire solo dall'area di origine”. Che, a grandi linee, va dal Basso Lazio alle province di Salerno e Caserta, sconfinando in Puglia.
I tipi di forma più diffusi sono sostanzialmente 3: le sfere (o bocconcini), le trecce e i nodini (che sono le trecce che fanno con un solo giro); invece, sono 4 le varietà principali: fiordilatte (con latte vaccino), di bufala, con fermenti lattici, da pizza. Invece, la burrata non è una mozzarella: “La parte esterna potrebbe farlo pensare e rientrare in qualche modo nei canoni - ci hanno chiarito da Assolatte - ma la parte interna no”.
Una distinzione da tenere presente, quando si parla di mozzarella, è legata all’uso che se ne vuole fare e alla presenza o meno di quello che si chiama liquido di governo: “La mozzarella da pizza, che sarebbe meglio chiamare mozzarella da cucina, perché è in generale più adatta alla cottura (è perfetta per le lasagne, ndr) ne ha meno o ne è addirittura priva”, ci hanno spiegato da Assolatte. In linea di massima, le mozzarella da tavola hanno il 20-25% di liquido, mentre quelle da cucina ne hanno il 15-20%.
Sia chiaro: nessuno vieta di usare per la pizza pure le mozzarelle fiordilatte e quelle di bufala, che sono da tavola. In questi casi, i pizzaioli le lasciano generalmente spurgare, per ridurre il rischio di bagnare troppo l’impasto. Che è un trucco intelligente che possiamo usare anche noi per le nostre ricette a base di mozzarella.
Un’altra cosa importante da sapere è che non sono solo frutta e verdura a variare col variare dei mesi (qui c’è la nostra guida): può sembrare strano, ma anche i formaggi hanno una loro stagionalità. E dunque anche la mozzarella. Più precisamente, anche la mozzarella di bufala: “Con la bufala succede una cosa strana - ci hanno raccontato da Assolatte - l’offerta è altissima d’inverno, quando la produzione di latte cresce, ma la domanda è altissima d’estate, quando i consumatori la comprano di più”.
Dal Consorzio della Bufala, Saccani ce l’ha in qualche modo confermato: “La produzione maggiore è da aprile ai mesi di settembre e ottobre - ci ha detto - E la fine dell’estate è forse il periodo migliore”.
La richiesta (e dunque la produzione) di mozzarella tradizionale è invece più costante nel corso dell’anno, anche se qualche differenza fra estate e inverno si può trovare, ed è legata alla provenienza del latte: “Le mucche di pianura vengono alimentate più o meno sempre nello stesso modo (foraggio e mais, ndr) - ci hanno spiegato ancora da Assolatte - mentre le mucche di montagna mangiano fieno d’inverno ed erba dei pascoli d’estate”. E questa differenza nella dieta degli animali si riflette anche in un differente sapore della mozzarella prodotta con il loro latte. Ecco spiegato perché in etichetta si legge “fatta con latte di montagna”: non è una trovata di marketing, ma un modo per spiegarne il gusto diverso dal solito.
Come nelle altre guide all’acquisto che abbiamo realizzato (sono elencate a fine pagina), anche in questo caso abbiamo cercato di farci dire dai nostri esperti un prezzo giusto, una soglia minima sotto cui non scendere per comprare una mozzarella di qualità. Anche se non è facile: “Dopo la stagione dei rincari, con i costi delle materie prime in continua altalena, è complicato stabilire un limite o dare un range”, ci hanno confessato da Assolatte. Per la bufala, che ha una produzione più contenuta, è forse più semplice: “Meglio non scendere sotto i 14-15 euro al kg - ci ha detto il presidente del Consorzio - Se non si vuole spendere tanto, allora si può puntare su confezioni più piccole, come quelle da 125 grammi”.
Si capisce che su prodotti come questi e in periodi come quelli che abbiamo appena attraversato, con i prezzi che possono variare (anche di molto) per ragioni esterne, che è importante controllare bene l’etichetta e sapere che cosa cercare.
Partiamo dalla mozzarella tradizionale: “La legge italiana impone una lista di ingredienti molto corta, composta solo da latte, caglio e sale - è stato il chiarimento di Assolatte - Se ce ne sono di più, o se è indicata la presenza di conservanti, sono tutti segnali che qualcosa non va e che siamo davanti a un prodotto di basso livello”. Ancora: “Per le mozzarelle fatte in Italia, è obbligatorio indicare il luogo di provenienza”. Capito questo punto? Al di là di bandierine, tricolori e nomi che ricordano la nostra tradizione, se non c’è scritto da dove arriva, è impossibile che arrivi dall’Italia. Il problema, come si accennava all’inizio, è che la mozzarella è molto esportata (soprattutto nei Paesi vicini, visto che ha una vita molto breve) ma anche molto importata: “Ne compriamo tantissima da Austria e Germania, che hanno metodi di lavorazione industriale che permettono grandi produzioni a costi molto bassi, ma sono generalmente mozzarelle di fascia medio-bassa”.
Per la bufala, scegliere bene è in qualche modo più facile: “Ogni confezione di mozzarella di bufala campana DOP deve riportare il marchio del Consorzio di Tutela (una testa di bufala stilizzata in campo verde e un sole a raggiera, ndr), il marchio europeo giallo-arancio della DOP, la denominazione Mozzarella di Bufala Campana con gli estremi di legge nazionali e comunitari (Dpcm 10/5/93 e Reg. CE 1107/96) e anche il numero di autorizzazione del caseificio”, che inizia con Aut. Consorzio di Tutela ed è appunto seguito da un numero. Molte indicazioni, per un prodotto che è molto tutelato e controllato: Saccani ci ha ricordato che “per la bufala c'è una legge dello Stato che dal 2004 garantisce la tracciabilità totale dalla stalla al morso, cioè in tempo reale si può sapere con quale latte è stata prodotta una singola mozzarella” e che “il nostro prodotto è soggetto a circa 15mila controlli l'anno, fatti non solo dal Consorzio ma anche da organi come ASL, NAS e altri”.
Restando alla mozzarella di bufala, dal Consorzio ci siamo fatti dare anche qualche consiglio per conservarla bene e gustarla al meglio, dopo averla acquistata. Ci hanno spiegato che “la temperatura di servizio ideale è di circa 18-20 gradi” e che “va conservata in un ambiente fresco, sempre immersa nel suo liquido di governo” per poter mantenere le sue caratteristiche.
Non si parla di frigorifero, perché questo è un prodotto che non andrebbe conservato, ma consumato subito: “Va in frigo solo se si pensa di mangiarla 2-3 giorni dopo l’acquisto”, ma “prima di consumarla occorre lasciarla a temperatura ambiente per almeno un’ora”, oppure “immergere la confezione, per circa 5 minuti, in acqua calda a 35-40°”.
Infine: “Se dovesse avanzare e/o la si volesse usare come ingrediente in una pasta al forno, sulla pizza o in una parmigiana, il consiglio è di mettere la mozzarella in frigo per 24 ore senza il suo liquido di governo, in modo da far fuoriuscire il latte e renderla più compatta per una resa ottimale nelle ricette”. Usare il trucco dei pizzaioli, insomma.
In generale, la bufala DOP andrebbe mangiata come è, al naturale: “Molti amano accompagnarla con olio extra vergine di oliva, pepe o limone - ci hanno raccontato dal Consorzio - Ma aggiungendo condimenti si rischia di perdere la possibilità di gustarne al meglio caratteristiche e fragranze”. Sono sensazioni, anche olfattive, che cambiano in base alle dimensioni: “Nei bocconcini si avvertono note di burro e di yogurt e la caratteristica nota muschiata tipica del latte di bufala”, mentre nei pezzi più grandi “è possibile avvertire una componente vegetale più evidente, come una nocciola fresca che va a caratterizzare olfattivamente il prodotto”. Che sono tutti dettagli che andrebbero perduti, esagerando con i condimenti.
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