Dunque essendo pienamente affondato nel tunnel della lievitazione, ho qualche fatica a sopportare gli alveoli sani belli e rubicondi di Rossella, con il suo
pane di Matera. Ho dunque deciso di mettere in pratica i consigli di Marco Lungo e tentare la via semidiretta, che fino a tre giorni fa non avevo nemmeno idea che esistesse. Tanto più che non ho in mio potere alcun lievito madre.
Allora ho messo insieme un po' di farine che avevo in casa ed ho ottenuto il solito "taglio": manitoba e farro & kamut. 600g in tutto. Poi 250g d'acqua gasata del sindaco, e 10g di lievito di birra, per la verità nemmen troppo fresco. In aggiunta un cucchiaio da cucina di miele, qualità commerciale.
Dopo 12 ore ho aggiunto circa 100g di rimacinato e altrettanto di farina "00" di grano tenero, che non c'era altro. Poca acqua per amalgamare e sale. Dopo quattro ore i tagli erano del tutto aperti, la pagnozza gonfia e tonda. E' finita in forno a 220° per 20 minuti, 180° per altri venti, e 160° per finire.
La biova è leggerissima, la crosta friabile e croccante, l'aspetto seducente dell'altra faccia della luna. Sono ottimista: apro e trovo la solita alveolatura compatta, con qualche eccezione in più. Molto bello l'asciutto dorato sottocutaneo, morbidissima la mollica. Ma i buchi come il groviera, niente.
Ma non demordo, ennò che non demordo.