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Ce lo dice il People’s Climate Vote, il più grande sondaggio mai condotto proprio per indagare l’opinione della gente sui cambiamenti climatici. 1.2 milioni di persone interpellate di cui 500.000 giovani di età inferiore ai 18 anni, quelli che ancora non votano e che, soprattutto negli ultimi anni, hanno dimostrato una forte sensibilità e attenzione al tema del clima. 50 sono i paesi partecipanti, quelli che insieme coprono il 56% della popolazione terrestre, 17 le lingue del sondaggio. I risultati sono stati presentati a fine gennaio dalle Nazioni Unite, che realizzano il sondaggio insieme al Dipartimento di Sociologia dell’Università di Oxford.
Nel sondaggio è stato chiesto ai partecipanti quali fra 18 interventi sulla salvaguardia del clima vorrebbero attuati nel loro paese. 18 politiche di intervento divise in 6 aree principali, ogni partecipante doveva selezionarne 3 fra: energia, economia, trasporti, agricoltura e cibo, tutela delle persone e natura.
I risultati della survey sono interessanti in assoluto, ma vediamo insieme gli aspetti che riguardano più da vicino il nostro rapporto con il cibo. Ne emergono 3.
1. Una agricoltura che rispetta il clima è l’obiettivo più popolare
Considerando che l’agricoltura produce il 22% delle emissioni di gas serra è particolarmente confortante apprendere che questa voce si posiziona al 3° posto fra le strategie da promuovere, con il 52% del supporto sul totale. In alcuni paesi la percentuale è di molto superiore alla media, là dove il comparto agricolo è il principale (come Indonesia, Filippine ed Equador).
2. L'importanza di ridurre gli sprechi
Il campione è risultato più sensibile alla riduzione degli sprechi di cibo rispetto a quelli di energia (voce comunque rilevante). Ai primi posti fra i paesi che avvertono questa esigenza come fondante, e connessa alla salute del pianeta, la Gran Bretagna con il 77% sul cibo e il 68% sull’energia, seguita dal Canada (73% vs 66%) dall’Australia (72 vs 62). In Italia il campione ha sostenuto la riduzione degli sprechi di cibo nella misura del 55%, molto più basso il valore per l’energia, pari solo al 39%. La sensibilità su questo tema è cresce anche grazie a iniziative sempre più frequenti come la Giornata della prevenzione dello spreco alimentare.
3. Promuovere la dieta a base vegetale è l'opzione meno selezionata
Nonostante il ruolo dell’allevamento intensivo, sia sulle emissioni sia per la deforestazione, la dieta a base vegetale non ha registrato valori interessanti. Infatti, solo il 30% delle persone intervistate ha sostenuto la diffusione di diete a base vegetale come politica adottata alla salvaguardia del clima. Nel documento delle Nazioni Unite si legge che le ragioni potrebbero essere legate a diversi fattori come una scarsa conoscenza e consapevolezza delle alternative vegetali oppure la percezione che la dieta sia una scelta personale, dove l’intervento è del singolo più che del paese. Questo nonostante, come abbiamo raccontato, il 2020 sia stato l’anno della carne vegetale, sia sempre più comune il concetto di favorire una alimentazione sostenibile e ìl 2021 è anche l'anno delle frutta e della verdura, lo dice la FAO.
I risultati vanno letti in funzione non solo dell’emergenza climatica ma di questa urgenza in un periodo di pandemia.
Le 4 voci più rilevanti e urgenti, a livello globale, sono:
1. Salvaguardia delle foreste e del territorio (54%);
2. Energia solare, eolica e rinnovabile (53%);
3. Tecniche agricole che rispettino l’ambiente (52%);
4. Maggiori investimenti sul green, sia di imprese sia di posti di lavoro (50%).
Noi continueremo a proporveli questi argomenti, anche se sono meno popolari della crema pasticciera e del tiramisù, ma, anche se sappiamo che vi piacciono di più gli spunti per una cena veloce a volte vale la pena di rallentare e ascoltare qualcosa di più importante.
Alla prossima.
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