Tante idee buone e gustose senza prodotti di origine animale, da consumare a gennaio, ma anche tutto l'inverno, perché no?
I dati di WWF e Istat ci ricordano quanto l’acqua sia importante, per le persone e per le aziende, e come basti davvero poco per gestirla in modo più intelligente.
A Milano, solo una settimana di pioggia in tutto l’inverno 2021/2022. Lungo il corso del fiume Po, oltre 90 giorni senza piogge significative. A livello nazionale, una media di -47% di precipitazioni in meno, con picchi anche di -80% tra Piemonte, Valle d'Aosta, Liguria e Alpi lombarde rispetto al periodo 1981-2001
Per l’Italia è stato un inverno decisamente secco, che lascia immaginare un’estate non facile dal punto di vista climatico e agricolo, ma quello della carenza idrica non è un problema solo nostro: in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, il WWF ha ricordato che circa 4 miliardi di persone (più della metà della popolazione del mondo) “sperimentano una grave mancanza d'acqua per almeno un mese l'anno”, che “circa 700 milioni di persone affrontano periodi di siccità più lunghi rispetto al 1950” e che “la popolazione globale esposta a siccità estrema ed eccezionale aumenterà dal 3% all'8%” nel corso di questo secolo.
Un dato su tutti per capire l’importanza di questo elemento e quanto sia grave la sua assenza: tra il 1970 e il 2019, gli eventi catastrofici nel mondo legati alla siccità sono stati “solo” il 7% del totale, ma hanno provocato il 34% delle vittime complessive.
Come si intuisce, la carenza d’acqua ha conseguenze anche a livello economico: sempre il WWF ha spiegato che tra il 1983 e il 2009, “circa tre quarti delle aree coltivate del mondo (più o meno 450 milioni di ettari) hanno subìto perdite di rendimento indotte dalla siccità, con perdite di produzione cumulative corrispondenti a 166 miliardi di dollari”. Nel nostro Paese, anche in aree storicamente ricche d’acqua come la pianura Padana si assiste sempre più frequentemente al problema della siccità, come dimostrano i livelli bassi o bassissimi dei fiumi.
E se acqua non ce n’è, o ce n’è (molta) di meno, le cose che si facevano con l’acqua non si possono fare più. O si possono fare (molto) di meno: in Europa, almeno un terzo delle risorse idriche è destinato all'agricoltura; in Italia il settore agricolo assorbe il 60% dell'intera domanda di acqua, seguito da quello industriale ed energetico (25%) e dagli usi civili (il restante 15%). Tutte queste attività hanno - e sempre più spesso avranno - ripercussioni dalla carenza di acqua.
Non è finita, perché anche il piano del governo Draghi per uscire dalla crisi provocata dalla guerra in Ucraina e dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime, prevede un “incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare”. Ma come si fa a irrigare di più, se acqua ce n’è di meno?
Dal WWF hanno ricordato che “è da almeno 50 anni che si moltiplicano gli allarmi in Italia e nel mondo” su questo tema e che “risulta sempre più incomprensibile la difficoltà ad avviare una gestione sostenibile di questa risorsa”. È un’osservazione condivisibile, ma per capire che cosa fare è necessario prima di tutto capire come siamo finiti nella situazione in cui siamo ora.
L’attuale crisi idrica ha sostanzialmente due cause: i cambiamenti climatici e la sbagliata gestione delle acque (“cattiva e caotica”, la definisce il WWF). Senza addentrarci in quello che possono fare i governi e gli enti sovranazionali come Onu e Ue, vediamo cosa possiamo fare noi singole persone, per contribuire alla correzione di queste due storture. Anche quando ci sediamo a tavola.
Iniziamo dalla questione climatica, facendo un esempio concreto: dal Duemila, i ghiacciai nel mondo hanno perso una massa pari a mezzo metro d’acqua l’anno, con conseguenze su tutto il resto. Ma perché i ghiacciai si sciolgono? Banalmente, perché è caldo, più di quello che dovrebbe. E perché sulla Terra è così caldo? Semplificando, perché nell’atmosfera continuiamo ad accumulare gas serra, che impediscono al calore di disperdersi. E com’è che generiamo gas serra? Soprattutto in due modi: con l’uso di combustibili fossili e con la produzione di cibo. Come su Cucchiaio abbiamo scritto spesso, le emissioni provocate da agricoltura e allevamenti intensivi rappresentano il 20-30% del totale.
Quello che possiamo fare come consumatori è cambiare le nostre abitudini, ridurre la richiesta degli alimenti più inquinanti (carne rossa, frutta e verdura fuori stagione o che arriva dall’altro capo del mondo), fare calare la domanda così da fare calare produzione e offerta. Seguire un’alimentazione più sostenibile è più facile di quello che si pensa, soprattutto per noi italiani che possiamo contare sulla dieta mediterranea.
Un’altra cosa che possiamo fare, a tavola e in generale nella vita di tutti i giorni, è non sprecare l’acqua e gestirla in modo più attento. Più attento di quanto fatto sinora, perché dai numeri diffusi dal WWF emerge che siamo fra i primi in Europa per consumo quotidiano: ogni giorno ne usiamo in media oltre 230 litri a testa (il dato è giusto e comprende tutto, dal bere al lavarsi, all’utilizzo di lavatrice e lavastoviglie), cioè quasi 5 volte i 50 litri giornalieri che sono ritenuti il quantitativo minimo vitale. Abbiamo decisamente spazio per fare meglio, insomma.
E anche per gestire meglio le nostre risorse economiche: i dati Istat dicono che una famiglia spende in media quasi 15 euro al mese per la fornitura di acqua potabile in casa, ma evidentemente non la usa (o la usa molto poco) e ne spende altri 12 ogni mese per comprare quella in bottiglia. Che è un po’ un controsenso, ancora di più in un periodo difficile come questo.
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