Le vie cittadine, soprattutto quelle principali come il Cassaro e la Strada Nuova, erano teatro di festeggiamenti e delle Carrozzate, le sfilate delle carrozze patronali che ospitavano i nobili del luogo che amavano mescolarsi col popolo, mentre i teatri cittadini ospitavano numerosi giochi e balli in maschera. Attualmente, la festa palermitana del Carnevale viene vissuta come recupero della memoria e delle antiche tradizioni che l'hanno resa famosa.
Il fasto culinario legato al Carnevale è espressione tipica dell'abbondanza della ricorrenza. Durante la settimana si fa largo uso di sughi di carne e di pietanze elaborate. Come i maccheroni al ragù, fatti a mano con uova e farina e conditi con un ragù preparato con cotenna di maiale e spezie, e l'antico minestrone del giovedì grasso preparato nella Contea di Modica, che unisce verdure come le patate, le fave secche, cipolle, prezzemolo, sale e pepe al lardo di maiale privato di cotenna e tagliato a cubetti; di dolci ricchi come le teste di turco, frittelle dolci ripiene di crema ed uva passa tipiche di Modica, e meno elaborati come la pignoccata, dolce tipico del Carnevale palermitano.
I miei ricordi del Carnevale sono legati alla Palermo degli anni '60. Quel che resta nella memoria è un groviglio di sensazioni fatto di suoni, rumori, colori, profumi e musica, e di gente che si divertiva con poco e di poco, semplicemente passeggiando per i mercati e acquistando i dolci tipici che, agli occhi di una bambina e sotto le luci delle bancarelle, assumevano colori ancor più sfavillanti, mentre gli adulti organizzavano feste in casa con abbondanti buffet e cotillons, oppure andavano a ballare il twist nei locali del centro. Come in quelle scene dei film italiani in bianco e nero, alla fine tutti tornavano a casa un po' brilli e confusi, ma felici. Non senza aver mangiato il dolce di Carnevale tipico. Proprio quello di cui vi parlerò oggi.