A questo e ad altri titoli di coda pensavo maneggiando una confezione di riso thai del commercio solidale. A sentimento, provo a riprodurre una copia vagamente plausibile di quello spettacolare wok di Surat Thani, ingollato sulle panchine di ferro con birra burmese a temperatura ambiente. Magari c'è dentro un'oncia di ricordi diafani di Nasi Goreng, spesso unica ancora di salvezza un paio di cinquecento chilometri più in là, nell'Indonesia animista di Flores.
Cuocio il riso nella vaporiera: devo bagnarlo e mescolarlo ogni 5 minuti, altrimenti si cristallizza. Ci vogliono circa 25 minuti: poi lo passo sotto l'acqua fredda per prelevare l'amido in eccesso. E' profumato di mandorla e sandalo, mi piace. Lo lascio scolare bene, poi lo rovescio su una placca da forno, per sgranare bene: una mezz'ora a 50 gradi.
Preparo i condimenti e le pietanze, con una vecchia padellona antiaderente con i bordi alti, più sverniciata della Stratocaster di Stevie Ray Vaughan: una goccia d'olio e un po' di salsa di soia basale, quella da supermercato.
Lo scalogno, il pollo a cubetti, i gamberetti rosa che la pescivendolista ha quasi-regalato il sabato sera. Oso inserire una dadolata di sedano rapa, che richiede un minuto di cottura in più. Infine la zucchina, resa a giuliana con l'apposito arnese: sul fuoco per trenta secondi, non uno di più.
Ora è il momento di friggere il riso: ma con poco olio, che l'idea è di tenerlo vagamente asciutto e sgranato. Lo salto vigorosamente, poco alla volta, imbrattando la cucina per ogni dove.
Alla fine aggiungo gli ingredienti, bagnando ancora con un po' di salsa di soia. Non uso sale, e ne mancherà, forse: ma preferisco.
Lo mando in tavola con birra burmese, gelata.