Perché solo l'acqua calda può bagnare e ammorbidire quell'alimento sottile e croccante, quel pane da trasporto di lievitazione fulminea, secco, robusto e dal sapore tenace, che è il carasau. Quel foglio, una volta tuffato e ammorbidito nell'acqua calda, diventa un panno di pasta profumata. A dare sostanza e sapore ci fu, solo e potentissimo, il pecorino, a manciate generosissime. Stop. Il pane frattau (parola non traducibile con sufficiente certezza) era questo, soltanto questo e, volendo, lo può ancora essere.
Ma l'uomo è, per tradizione, sperimentatore: vuole arricchire, aggiungere, completare. L'acqua è diventata un brodo, magari della carne di quella pecora che si è azzoppata nel viaggio o che è troppo vecchia per fare il latte. Il pomodoro poi, quello che profuma tanto e che si incontra in ogni orto, da schiacciare maturo. E poi, nei paesi, per fare festa e per rendere ancora più ricco il piatto, è arrivato anche l'uovo, da incamiciare magari nel brodo usato per bagnare il pane, da mettere in cima, come coronamento di colore e sapore.
Oggi il pane frattau è un piatto celebre, ricco, opulento, chissà, forse davvero era questo il suo destino, diventare un presidio della tradizione e della cucina sarda.
Splendida è anche una versione meno carica, più semplice: un brodo leggero di manzo con profumi generosi dove tuffare per 10 secondi un foglio di carrasau, magari del forno di Benetutti. Poi, con mani d'amianto, si deve foderare una terrina di coccio con il pane molle, comporre 3, 4 strati coperti da una salsa semplice e acidula di pomodoro e basilico e da una manciata di pecorino, senz'altro uno stagionato, mediamente notevole quello di Osilo. Un passaggio rapido nel forno molto caldo asciugherà e farà esplodere di profumi questo piccolo pezzo d'Isola. Da assaggiare.
immagine di qualità ifonistica