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Produrle è diventato molto più caro, esattamente nel momento in cui noi abbiamo iniziato a comprarle di meno: spieghiamo un caso che riguarda insieme aziende e consumatori.
Gli americani dicono “you could see this coming”, cioè “c’era da aspettarselo”. E in effetti c’era abbastanza da aspettarselo, che anche i prezzi delle uova sarebbero aumentati, sempre a causa dell’aumento del costo dell’energia e in qualche modo anche per colpa della guerra in Ucraina.
Con una differenza, rispetto ad altri generi alimentari che hanno subìto la stessa sorte: sta diventando molto più caro produrle, ma (almeno per ora) non altrettanto più caro comprarle.
Per capire quello che sta succedendo, partiamo dal rapporto Ismea su costi e consumi in avicoltura, pubblicato in occasione del Poultry Forum di Rimini (è questo): scorrendolo, si scopre che nei primi 3 mesi del 2022 il costo di produzione delle carni avicole (cioè di pollo, tacchino, anatra, oca e faraona) è cresciuto di oltre il 21% e quello delle uova addirittura del 50%.
È successo soprattutto perché è aumentato tantissimo il prezzo delle materie prime destinate all’alimentazione degli animali: come su Cucchiaio abbiamo scritto spesso, gran parte di quello che si coltiva nel mondo è destinato proprio a loro (più che a noi) e se aumenta il costo di quello che si coltiva, di conseguenza aumenta pure il prezzo di quello che deriva da quelle coltivazioni. Nel dettaglio: quelle che gli analisti chiamano “tensioni internazionali” hanno portato a un’ulteriore crescita del 33% nel primo trimestre del 2022 del costo di mais, soia e orzo, dopo il +40% registrato ad aprile rispetto al 2021. Se si pensa che il foraggio è la voce che pesa di più sui bilanci degli allevamenti di polli e galline ovaiole (circa il 60% del totale dei costi), si capisce la dimensione del problema.
L’altra parte della questione riguarda noi consumatori ed è divisibile in due: da un lato, l’aumento dei costi di produzione sta avendo ovvie ripercussioni sul prezzo finale delle uova; dall’altro, tutto questo sta succedendo quando abbiamo iniziato a comprarne di meno, di uova. Senza citare di nuovo gli americani, entrambe le cose erano abbastanza prevedibili.
Iniziamo dalla seconda, e dalle nostre abitudini. Sempre secondo i dati di Ismea, negli ultimi 5 anni gli acquisti di carni avicole e di uova sono cresciuti tantissimo, quasi del 20%: c’entrano il desiderio di consumare meno carne rossa e più carne bianca e le indubbie qualità delle uova, che nel tempo abbiamo imparato ad apprezzare, e c’entrano anche i due anni di pandemia, che soprattutto all’inizio ci hanno costretti a casa e ci hanno spinti a cercare alimenti più salutari da consumare. E che succede dopo un periodo di forte crescita? Che c’è un calo fisiologico: nel 2021 sono arrivati i primi segnali, con una flessione di circa il 10%, confermati anche dal primo trimestre del 2022, con un ulteriore -9%.
Insomma: ci stiamo riallineando ai volumi pre-pandemia, e lo stiamo facendo anche in risposta all'evidente incremento dei prezzi medi delle uova (+15% sul 2021, quasi +20% sul 2019).
Questi due fattori messi insieme (noi che compriamo meno uova e le uova che costano di più, spingendoci a comprarne ancora meno), non possono che preoccupare i produttori, che già si muovono in un contesto non solo molto incerto e delicato, ma pure che non sembra destinato a migliorare nel breve/medio periodo.
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