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L’azienda di Ferrara, che ha oltre 140 anni di storia, ha deciso di muovere un ulteriore, importante passo verso il rispetto dell’ambiente. E di farci andare nel backstage della vita di un mulino
Quello della sostenibilità è un concetto importante: ne parlano tutti e sempre di più, perché è una cosa di cui non si può fare a meno di parlare, come dimostra quello che sta accadendo nel mondo (compresa la crisi idrica che sta colpendo pure l’Italia).
Sempre più aziende, in settori merceologici diversi, adottano pratiche sostenibili e anche informano i consumatori su quello che fanno da questo punto di vista, perché hanno capito che (per fortuna) siamo tutti diventati più sensibili all’argomento e premiamo questi comportamenti in fase d’acquisto. Tante sono arrivate ad affiancare al tradizionale bilancio anche un loro Report di Sostenibilità, cosa che quest’anno ha fatto anche Molini Pivetti.
Molini Pivetti è stata fondata a Renazzo, in provincia di Ferrara, nel 1875: ha 3 stabilimenti produttivi, 6 centri di stoccaggio, due laboratori di ricerca e un nuovo magazzino automatizzato. L’azienda dà lavoro a 75 persone, fattura oltre 60 milioni di euro l’anno e ogni anno produce circa 240mila tonnellate di sfarinati e semilavorati, con cui rifornisce prevalentemente altre aziende e professionisti della ristorazione (ma la sua farina possiamo comprarla pure noi).
Sfogliando il suo Report di Sostenibilità (che si raggiunge passando da qui), si capisce che l’azienda punta soprattutto su 4 cardini, chiamati pilastri:
- l’agricoltura, mantenendo “un continuo e proficuo legame” con chi coltiva ogni giorno la terra;
- il territorio, attraverso un impegno nella sensibilizzazione su questi temi e una forte presenza locale di siti produttivi e di stoccaggio;
- la responsabilità, sotto forma di innovazione tecnologica e corsi di formazione;
- il concetto di squadra, che si concretizza attraverso la stretta collaborazione con gli agricoltori.
Questi aspetti, presi tutti insieme, dicono una cosa importante sull’idea che in Molini Pivetti hanno della sostenibilità: non solo rispetto dell’ambiente (che non è purtroppo sufficiente), ma anche attenzione a quello che significa muoversi in questa direzione. Dunque, valutazione dell’impatto che eventuali innovazioni e cambiamenti potrebbero avere sulla forza lavoro, contatto con il territorio, rispetto delle tradizioni. Insomma: sostenibilità non solo dal punto di vista ecologico, ma pure sociale ed economico. Che se non è un punto d’arrivo, ci sembra decisamente un buon punto di partenza.
L’azienda ha spiegato che proprio insieme con gli agricoltori “sviluppiamo da anni programmi di crescita sostenibile”, tanto da aver deciso di misurare l’impatto ambientale dei suoi prodotti attraverso la cosiddetta analisi LCA, cioè del ciclo di vita. Dopo avere raccolto tutti i dati, si è arrivati a capire che la carbon footprint dei prodotti di Molini Pivetti è pari a circa mezzo chilogrammo di CO2 per ogni chilogrammo di farina.
Da lì è partita la ricerca di azioni di miglioramento per ridurre l’impatto inquinante, che ha portato l’azienda a focalizzare l’attenzione sulla parte agricola delle filiere, con la nascita del concetto dei Campi Protetti Pivetti e di un vero e proprio disciplinare che impone la totale italianità dei grani utilizzati per la produzione di farine, il tracciamento della filiera in tutte le sue fasi, il rispetto di pratiche e procedure precise e l’uso di terreni qualificati. Tutto questo porta ad avere un prodotto non solo bio, ma pure sostenibile.
C’è un altro aspetto apprezzabile, nel Report di Sostenibilità di Molini Pivetti, anche se magari non è il primo che viene in mente: è un bell’esempio di trasparenza. Leggerlo è un po’ come andare dietro le quinte di una realtà importante e di un alimento fondamentale per la tradizione alimentare italiana: si capisce come viene fatta la farina, quante persone servono, quali tecnologie servono, quanta energia è necessaria. Che non sono dettagli da poco, soprattutto in questo periodo.
Molino Pivetti
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