Eppure c'è questo piattino che nella sua indegnità dopolavoristica è uscito con tutti i fulminini al loro posto, e vale la pena di lasciarne traccia per le future generazioni.
Tutto nasce da qualche probo cuoco che attorno al volatile serve il suo cibreo, magari in un bicchierino a parte: per chi ha papille fitte e cuore generoso. L'occasione è la preprazione dei petti e delle cosce, che lasciano parecchi ritagli sul campo, oltre al quinto quarto: cuore, fegati eccetera. Tutto insieme, con la risulta dell'abbellimento dei petti, vien battuto al coltello e ridotto in frammenti piccoli.
Nella casseruola con i bordi alti faccio sudare lo scalogno, la carotina, il sedano e pochi frammenti d'erbe: rosmarino, salvia, alloro. Non disdegno due o tre bacche di ginepro e un chiodo, che perderò per strada. Tutto suda nell'olio, con uno spicchietto d'aglio. Sulla via tre / quattro pomidoro pizzutelli finiscono in pentola, spaccati in quattro, con due-gocce-due di aceto balsamico.
Allungo e faccio crescere con acqua calda, sale e pepe, poi getto i sedanini a crudo. Lascio cuocere a fiamma bassa bassa. Tolgo dal fuoco e sfiammo con un niente di olio crudo.
Un Barolo, il mio regno per un Barolo: tipo il
Perno di Santo Stefano di Manzone, che abbia non meno di una dozzina d'anni.