Allora, è il turno dei carciofi. Il dilemma del carciofo, oltre all'impervia abbinabilità, è l'enorme scarto nel caso voglia ricavarne un piatto minimamente plausibile alla vista e fruibile alla manducazione, pena l'impari lotta con la parte tigliosa e puntuta delle foglie esterne.
Ho preso l'abitudine perciò di tenere da parte le punte e le foglie più dure, assieme ai gambi, per ricavarne zuppe e passate. Mi sento meno in colpa quando capitozzo l'irsuto vegetabile e spesso ne ho esiti felici.
In questo caso manderai al bollore l'acqua con cipollina bianca e carota, con il bagaglio di scarti, per un paio d'ore. Poi passerai tutto al pimer, furiosamente. Dalla zaboba dall'aspetto inquietante così ottenuta potrai ricavare un brodo fitto e gustoso passando al passino piccolo, senza dar di senno per spremere l'ultima oncia di carne dalle foglie. Basterà sale e pepe a renderlo gustosissimo e benefico.
A parte accendi la vaporiera, in cui potrai immettere i fasolari ben spurgati: sono tenaci e cocciuti, e serviranno quattro ore e almeno un cambio d'acqua per averne ragione. Il callista chione infatti prospera sui fondali sabbiosi, e tanta ne porta con sè. Una volta aperti disossane due su tre: disponi una conchiglia con il frutto aperta verso l'alto e arricchisci con la polpa di qualche altro. Un giro d'olio completa il piatto.
Di certo piacere con un Vermentino fresco e gioioso come
"I Graniti" gallurese DOC, da Pedra Majore.