Il secondo trauma infantile che ho subito verso i quarant'anni è stato scoprire che l'amaranto in verità non è *color amaranto*, ma è giallino-beigeolino come un sesamo qualsiasi. Wikipedìa dice che quel rosso scarlatto/granato è quello dei fiori. Dice anche che il posto più vicino in cui posso vedere coltivazioni di amaranto è la Polonia. L'anno prossimo ci vado.
Nel frattempo ho assaggiato la polentina di
Cracco, ed ho visto la performance di
Sposito a IG-ventidodici. E mi sono vedute un po' di idee.
Metti tre parti di polenta di mais: in questo caso ho unato una bella referenza locale macinata a pietra, ma potrebbe andare anche una cosa di calibro più gentile. Imposta che sia cotta almeno un'ora. L'altra parte è di semi di amaranto al naturale.
Li fai andare in acqua salata (poco) per mezz'ora, in ragione di 100 g ogni 400 g. Poi quando la polenta inizia a "tirare" aggiungi un cucchiaio d'olio. Poi qualche ciuffetto di Parmigiano Reggiano, per favorire una mantecatura vellutata e fine.
Hai preparato dei maltagliati con una bella porzione di crosta di formaggio. Dopo averla minimamente squadrata e rifilata mettila in ammollo in acqua tiepida per un paio d'ore. Al tempo la troverai leggermente ammorbidita, e potrai ottenere delle lamelle alte un paio di millimetri. Poi le tagli di sbieco, con mano ferma e polso deciso.
Le immetterai nella polenta 5 minuti prima di prelevarla da fuoco. Via dalle fiamme un niente di buon burro, a lucidare.
Nel piatto disporrai qualche briciola d'acciuga, qualche seme di zucca tostato, e nel centro una goccia di miele di Carrubo. Qui s'è usato Thun, che non è di questo mondo.
Da bere preleva dalla cantina un Soave lieve come il
Fice di Stefanini.