Come tutti sanno, la civiltà occidentale è stata rovinata dai manuali d'autostima. In un crescendo di delirio di onnipotenza, prima in modo sotterraneo e carbonaro, poi in un dilagare ossessionante, la cultura dell'atteggiamento percolata dal mondo anglosassone ha preso possesso anche delle fiammeggianti anime italiche, tentando di convincere tutti ma proprio tutti che possiamo fare ciò che vogliamo.
"Io posso" è diventato uno slogan tanto abusato quanto infondato, perché è scientificamente dimostrato che non faccio quello che vogliamo, ma quello che ci capita.
Nel rutilante mondo in perenne tempesta ormonale degli anni '90 incontravi questi che fino al giorno prima si esprimevano a gesti e grugniti che improvvisamente ti apostrofavano con domande di tipo aperto così costruite da affondare saldamente le radici nella melma del ridicolo: "Ah, ma lei mi sta forse dicendo che..." era l'utilitaristica traduzione dal politichese: "La ringrazio per questa domanda, che mi offre l'opportunità di...". Il risultato era il medesimo, e cioè il più palese tentativo di rigirare la frittata. Come direbbe quello con le scarpe grosse ed il cervello fino.
Nelle aziende questo si traduceva in una attenzione spasmodica al comportamento, permeato - nel migliore dei casi - dal pensiero cosiddetto "positivo" . Nel peggiore, alcuni esempi di "aeroplani" multilivello tra questi, di una aperta manipolazione, uno scoperto plagio dei collaboratori.
In realtà qualcosa di buono c'era: che nemmeno a proposito di Programmazione NeuroLinguistica è il caso di buttare il bimbo con l'acqua calda. Ed era un sorta di attenzione, una sorta di capacità d'ascolto dell'altro. In particolar modo nelle situazioni in cui il collaboratore era da riprendere: la tecnica - che di quello si tratta - della "sgridata di un minuto". Che consiste nel far prendere coscienza dell'errore commesso senza inoculare livore, spirito di rivalsa, pensieri malmostosi. Chiamiamola - oggi nel venti-dodici - la "sgridata costruttiva". Breve, concreta, puntuale, farcita di consigli ed esortazioni, e privatissima.
Ecco, a questo stavo pensando una di queste volte, mentre attraverso lo scintillante cristallo di una splendida, supetennologica cucina a vista vedevo lo chef lapidare di parole il suo secondo, impietrito dall'imbarazzo. Si era evidentemente impantanato in una operazione che gli era sfuggita di mano, e il "capo" - a fronte di un esercito di clienti - gli sbraitava cose irriferibili: per fortuna trattenute dal vetro. Offese sanguinose, bestemmie omicide, epiteti esplosi come fucilate.
Mentre gli avventori si guardavano ammiccando con la forchetta a mezz'aria, il povero ragazzone si guardava attorno come se fosse stato paracadutato lì da una sorta di teletasporto. Umiliato, sconfitto dalla sua inadeguatezza, crivellato di particelle d'insicurezza, spostava qua e là mestoli e barattoli, desiderando solo scomparire.
Ecco. Non fare agli altri, mi viene da dire. Soprattutto se hai una cucina a vista. A meno che tu non voglia fare l'allevatore di killer seriali.
Immagine:
Pellicole Rovinate