Una delle frasi che leggo più di frequente è "Questo momento di stanchezza dei blog". Un altro degli argomenti che ribolle nelle tastiere da settimane è come sostenere economicamente l'attività del blogger. Argomenti entrambi interessanti, pregnanti come dicono quelli bravi, e ampiamenti interconnessi. Perchè - citando Di Pietro - delle due l'una.
Infatti non sono "i blog" ad essere stanchi, e non solo per l'ovvia e bulbosa considerazione che i blog non si stancano, non avendo carne nè sangue. Anzi, non ho bisogno di consultare statistiche o documenti per vedere che il numero dei diari-on-line cresce, i lettori crescono, l'intero fenomeno s'accalca sulla linea dell'esplosione... salvo fermarsi un attimo prima. Perchè?
Un passo indietro è necessario. Blog infatti è una di quelle geniali contrazioni a cui ci ha abituato lo slang informatico americano, che significa più o meno registrazione di informazioni su piattaforma web. I primi "Weblog" erano sequenze di frammenti di testo, ordinati cronologicamente, che potevano accogliere i contributi dei lettori. Poi s'aggiunse qualche sofisticazione nel layout, poi nell'editing. L'esplosione dell'immagine digitale ha resto facile anche per i cammelli inserire foto, filmati, disegni. L'utenza si è raffinata, i blogger hanno imparato tanto dal contatto diretto, dal feedback continuo con i lettori.
Per limitarsi ai blog wi-fu ce ne sono a bizzeffe: di orrendi, ma anche alcuni dal contenuto di qualità professionale sia dal punto di vista della creatività dei contenuti sia per il livello delle immagini, ormai raffinatissime composizioni. Magari un po' omologate, ma di indubbio pregio.
Ma se è vero che è tutto diventato più semplice, tecnologicamente agevole, è vero anche che l'attività di redazione è assai più pesante: se nel 2001 bastava scrivere un pensiero e schiaffarlo on line ora la composizione, formattazione dei contenuti e la preparazione degli stessi richiede ore. Ore che - in genere - nessuno paga. Parlando con una brava e coscienziosa food-blogger, qualche giorno fa, apprendevo che "postare" una ricetta tra preparazione, cucinamento, foto, testo et coetera vanno via dalle quattro alle otto ore. Una quantità enorme di tempo: che può essere giustificata solo da una grande passione, o da una grande professione.
Perciò se siete capaci di farlo, smettete invece di lamentarvi: se riuscite a smettere di scrivere, o a smettere di pensare al prossimo post, o se vi arrovellate cercando di capire come capitalizzare il vostro lavoro smettete. Ce ne sono già troppi, così. Se invece non riuscite a smettere perchè il vostro ego non ve lo consente, o se la vostra compulsione alla scrittura non è arginabile, allora lasciatevi cullare dall'estasi creativa, e traete quello che c'è di buono dal live blogging: nessuno filtrerà il vostro pensiero, al massimo non lo leggerà più. Nessun editore dirà che il vostro talento "non è vendibile", nessun editor butterà il vostro manoscritto, nessun correttore modificherà le vostre parole senza conoscerne il senso. E magari qualcuno vi leggerà con per il piacere di leggervi.
E se ricevete una proposta di collaborazione, mettete sul piatto della bilancia la vostra passione e il vostro portafoglio di tempo: quando ancora coltivavo il sogno che la musica potesse avere uno spazio nella mia vita, se mi avesse chiamato Biagio Antonacci avrei voluto essere pagato, ma per suonare con Chris Whitley mi sarei pagato il biglietto d'aereo di tasca mia.
Voi, fate vobis. La bilancia del costo/opportunità ha tare diverse per ognuno di noi...