Pochi motti rappresentano così sinteticamente tutto il disprezzo per quella capacità tipicamente italiana di piegarsi agli eventi pur di mantenere un benessere stolido e ottuso: la panza piena prima di tutto. Ma non è questo il motivo per cui è finito nel titolo di questo sabato, alla riapertura della cadenza settimanale, dopo la piccola pausa estiva. Peraltro impiegata appunto, a magnà.
Senza fare troppe esibizioni di numeri, dirò soltanto che ho dedicato una settimana a visistare 7 Tavole molto prestigiose del Sud della Francia e del Nord della Spagna, in 7 giorni. Il mio sestante sulla cucina internazionale era tarato in modo troppo approssimativo, ed avevo bisogno, anche in attesa dell'imminente salto epocale di Appunti Digòla, di riassestare l'orizzonte al meglio. Una specie di stage, che dire Master è troppo presuntuoso...
Non farò sfoggio di stelle e/o di posizionamenti nella Top 50 Best, ma basti dire che nel mio personalissimo cartellino su 7 Ristoranti, quattro in Spagna e tre in Francia, ho scritto 4 volte [9.x] e per la prima volta nella storia del piccolo et indegno presente moleskine digitale, un [10.0].
La prima, più evidente considerazione è che di nuovo la nostra povera italietta ne esce con le ossa rotte. Macinate. Moussificate. Anche rispetto ai parvenù spagnoli, che i nobili francesi pur trattano ancora come dei ragazzi di campagna. Ma non per la qualità del cibo: sì anche per quella. Ma per la qualità del cibo come conseguenza delle scelte imprenditoriali, che fanno spesso sembrare i nostri - con le dovute, rare eccezioni - poco più che raffinate osterie, con una cultura d'impresa lacunosa ed una pallida visione di medio e lungo periodo.
Ristoranti da cento coperti, pieni mezzogiorno e sera, sette giorni la settimana, con conti sopra i 200 euro a testa non si coniugano con l'improvvisazione: occorre progetto, talento, e capitali massicci. Strutture con 30, 40, 50 dipendenti sono fabbrichette, non si inventano con la faccenda della nonna che tirava la sfoglia. Certo: storia, tradizione ma anche organizzazione. Gestione.
Anni e denari per creare il brand, da spendere - letteralmente - sul mercato internazionale per raggiungere posizioni di vertice nel mondo: chiarezza d'intenti e capacità di rischiare.
La prima conseguenza è che si possono imporre condizioni d'acquisto pesanti, che a un italiano parrebbero impossibili: deposito di una carta di credito al momento della prenotazione; conferma scritta; nuova conferma una settimana prima; ulteriore telefonata il giorno prima o il giorno stesso; addebito di una penale, chiara e dichiarata al momento della prenotazione nel caso di no-show. In Italia invece, Beppe Palmieri, lo schietto maitre sommelier dell'Osteria Francescana, ancora oggi denuncia la frustrazione e il biasimo per i tavoli prenotati ma vuoti, senza possibilità di rintracciare i titolari. E a lui si accoda la categoria, impotente di fronte ad un malcostume che andrebbe punito con la lapidazione. Ma procedura significa organizzazione: le telefonate vanno fatte, le carte di credito verificate, annotate, controllate. Non basta fare la voce grossa: non c'è regola senza sanzione.
E la seconda è che l'asfissia imposta dal restringersi della forbice tra i ricavi e i costi - tra cui il lucro cessante, come ci ricordano i principi del Foro - impedisce la ricerca: di ingredienti preziosi, di preparazioni lanciate, di invenzioni ottenute a dispetto di prove e collaudi. Di gente preparata in sala: leggevo un grido d'aiuto disperato di un ristoratore che diceva Ma cosa devo fare per avere in sala personale giovine, preparato, e possibilmente di bella presenza che l'occhio vuole la sua parte?!? Semplice: per prima cosa, imparargli il mestiere. Per seconda, pagarlo. Più di una volta di là mi sono sentito di essere circondato da creature mitologiche che si esprimevano fluentemente in sette lingue, sempre presenti al bisogno, perfetti per mise e portamento.
E la nostra cucina fa passi indietro da quella posizione di vertice assoluto che le spetta: piegata da pregiudizi, bigottismo economico (ma come! 50 euro per mangiare!), polverizzazione, e un po' di faciloneria: come se bastasse avere un paio di centomila euri per impiantare un ristorante internazionale di cucina contemporanea italiana, perchè sai fare bene le polpette agli amici.
Forza ragazzi, andiamo a copiare.