Disfide | Cercando l’abbinamento perfetto per il Riso Giallo
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Pubblicato il14.12.2010
Il Riso Giallo, più o meno milanese, è uno dei miei piatti preferiti in assoluto. Da un lato trovo che si possa abbinare a quasi tutto, dall'altro a volte mi pare un abbinamento impossibile. La speziatura dolce dello zafferano, il salto del formaggio, la burrosità invitano a pensare ad un vino sottile, ben fornito d'acidità e non troppo polpacciuto. Ma il riso di per sè chiamerebbe anche qualcosa di più corposo, palatàbile, che massaggi le papille dopo tanto gravame di gusto.
Ho preparato un risotto di modesto pregio, fatto anche un po' in fretta: cipollina sottile appena macerata nel brandy, essudata nell'olio caldo. Il riso è carnaroli, tirato alla solita maniera, con sola acqua salata. Burro e P.Reggiano 36 mesi di buona qualità, e zafferano in polvere dalle bustine. Lo so, è roba da anatema gurmè: ma quello avevo in casa al momento dello zizzo.
La manteca funziona bene, il chicco non è troppo separato anche senza midolli varii. Anche le foto sono un po' tirate via a dir la verità. Impetro indulgenza.
L'associazione viene con due bicchieri dai lati opposti dello Stivale enologico: da un lato il Grignolino di Spertino, millesimo 2009, per la sua spiccata personalità e le decantate caratteristiche di verticalità; dall'altra il lucano 400 Some, Aglianico del Vulture in purezza, anno 2006.
Differenze già dai bicchieri: quasi rosato il Grignolino, nero impenetrabile il Some. Purtroppo il piemontese è afflitto da un pesante tappo che impedisce un confronto sensato. A questo punto andiamo avanti lo stesso, pur senza incidenza probatoria.
Grignolino assai meno lesto di quanto il colore faccia pensare, anzi il sorso s'aggrappa subito al palato invaso dalle vibrazioni gialle: l'impatto è deciso, la ripulitura efficace sull'onda delle parti dure. Curiosamente è la seconda parte del sorso che viene soverchiata dal riso, e scompare senza lasciare traccia alcuna.
L'Aglianico invece fatica un po' a salire sulle papille violate dalle giallezze. Le sfumature più dolci cozzano subito contro la burrosità: poi arriva la cavalleria di tannini e il Vulture dilaga, spazzolando via tutto. Occupa il palato, ne rovista gli angoli, e rilascia un finale perfettamente composto alla spezia, ordinato e felice.
Per stavolta, voto Vulcano. Energia, signor Spock.
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