Non è proprio Sènnori, ma lì appresso: qualche tornante in più o forse qualcuno in meno, quel che basta per obliterare le azzurità del mare che qui pare abbia ragione di tutto. Ma non è così, perchè la costa di Sassari non è il meglio di Sassari: basta ubriacarsi delle giravolte del Canyon di San Lorenzo, o precipitare dalle pareti impervie del Castello Malaspina di Osilo (accento sulla prima "o"), oppure sciogliersi di fronte alle incredibili peripezie della luce del tardo pomeriggio sulle pareti pisane dell'Abbazia di Saccargia.
Strade arrotolate, ripide, solitarie: anzi, solinghe. Incontrare qualcuno è un segno di vita, mentre dai finestrini aperti che la lenta marcia rotabile ti regala filtra profumo di fichi verdolini, di mirto, di lentischio. Siamo in Romangia, siamo in Anglona. Sottozone mai coperte prima, da imparare magari soffiando forte sui pedali di una bicicletta, oppure parlando con un vignaiuolo di razza. O con un cuoco di lungo corso come Piero Careddu, che ha gettato l'ancora a Badde Nigolosu, tra le vigne intonse di Dettori.
Dettori fa vini senza nulla: due o tre zaffate di rame e zolfo, che di meno non si può; usa il cemento, e l'acciaio per i mosti, e poi il tempo. All'agriturismo Piero ha tirato indietro di cento anni l'orologio della sua creatività, abbandonando la ricerca che lo ha accompagnato per diciotto anni a Sassari e tuffandosi nello struggente mondo della cucina di stretta osservanza. Con le migliori materie prime del mondo, quelle che vivono sotto le gambe del desco su cui mangi.
Nei bicchieri i vini di Dettori: da ascoltare, assaporare, seguire a lungo. Ma solo per riverberare un'emozione, ecco il Dettori Bianco 2007, un Vermentino in purezza sulfureo e volitivo, percorso da una sapidità tesa e mirabile. Seducente il percorso ossidativo, che racconta le fibre del terreno quasi minuto per minuto, come un fresco tramonto dietro l'Asinara.
L'Ottomarzo è un rosso da uva Pascale. Vitigno autoctono, diffuso a Sud dell'Isola come coloritore dei pallidi Cannonau. Qui sprigiona temi selvatico-silvestri, con una progressione inesausta di sfumature, fino all'assaggio diritto, imperioso. Gigantesco in alcool con i suoi 16°, li palesa più all'aroma che all'assaggio, potente ma non sgarbato. Ecco, forza e garbo. Il millesimo è il 2007.
Il Tenores è il Cannonau di Sènnori, senza compromessi. La grenaccia matura nel suo colore naturale, che è leggero: ma proprompe in formidabile altezza all'olfatto. Asciutto, teso, vibrante. Nell'assaggio l'eleganza che argina l'irruenza, come un nebbiolo d'alta quota: non smette di evolvere, e andrebbe atteso a lungo, tipo dieci anni.
Il Moscadeddu 2006 è un dolce antico: una specie di miele allungato con l'alcool. Rigato di una acidità spessa ed espressa - al naso e al palato la volatile s'avverte - ma privo di manipolazioni.
Un agosto affatto fresco, il più fresco da anni, dicono quassù. Noi lo si scalda così, con i vini che gonfiano il cuore ed una tavola che vale la pena di visitare.