A che punto é il progetto, ambizioso, partorito dalla mente, altrettanto ambiziosa, di Carlo Alberto Panont quando era direttore del Consorzio del Consorzio tutela vini Oltrepò Pavese (attualmente Panont dirige
Riccagioia, un centro di servizi rivolti al settore vitivinicolo che promuove l’applicazione di nuove tecnologie e svolge attività di ricerca) di fare del
Cruasé l’ipotetica “punta della piramide” dei vini oltrepadani? Ma che dico, come si legge
sul sito Internet dedicato, il “un nuovo punto di riferimento della spumantistica di qualità e di denominazione italiana”?
Sicuramente ci troviamo di fronte ad “un nuovo marchio collettivo”, che designa “un rosé naturale DOCG da uve Pinot nero ottenuto attraverso il metodo Classico”, o ancora “l’unico rosé naturale da uve a bacca rossa e di classe Docg sarà quello dell’Oltrepò Pavese” (non si capisce bene perché unico naturale, come se i Rosé della Franciacorta fossero prodotti in laboratorio…), ma non mi pare proprio che questo progetto di imporre un rosé metodo classico come la
crème de la crème del vino oltrepadano abbia raggiunto l’obiettivo di “colpire al cuore” i consumatori e conquistarli alla causa del rosé con le “bollicine” targato Oltrepò.
Teoricamente, sulla carta, come si deduce da
una pagina della già citata vetrina Web consortile, i produttori sarebbero una quarantina (io in una recente degustazione che mi è stata organizzata dal Consorzio ho avuto il privilegio di poter degustare, chissà perché, solo i vini di una decina scarsa di loro). Non mi pare però che il Cruasé, per chi si chiedesse perché diamine si chiami così ecco la spiegazione - “tecnicamente, è una parola macedonia formata dalla fusione tra “cru” (selezione) e “rosé” con l’interposizione di una "a" che fa da congiunzione. Il percorso per arrivare al nome del nuovo prodotto simbolo dell’Oltrepò Pavese ha dato modo di riappropriarsi di un pezzo importante di storia locale.
Cruà era l’antico nome del vitigno/vino per eccellenza prodotto in Oltrepò Pavese, a cavallo del 1700” – abbia conquistato mercati e consumatori.
E si potrà anche pensare che sia stata una geniale pensata unire “le due espressioni “Cruà”, come cru ma anche come migliore espressione storica del rapporto vino-territorio, e “rosé”, creando un marchio collettivo di proprietà del Consorzio, disciplinato da un apposito regolamento, a supporto della Docg Oltrepò Pavese Metodo Classico Rosé, che prevede un minimo di 85% di Pinot nero con la specifica di vitigno, ma l’idea di creare
una “nuova tendenza” mi pare resti ancora una simpatica e pia illusione.
C’è ancora da lavorare molto, sia per fare veramente conoscere questa modalità del Pinot nero oltrepadano, che per arrivare ad uno stile e ad una identità, visto che ci sono ancora produttori che preferiscono produrre rosé metodo classico senza presentarli come Cruasé. E’ un peccato che questo accada, perché quando si ha la ventura di assaggiarli i Cruasé, o meglio, alcuni Cruasé danno buona prova, come ha dimostrato nel caso della mia recente mini degustazione l’
Oltrepò Pavese Pinot nero Cruasé 2009 dell’Azienda Agricola Giorgi Luigi, meglio nota come
Ca’ Tessitori, di Broni, che vede Luigi Giorgi, insieme alla moglie Luisella e ai figli Francesco e Giovanni rappresentare la quarta generazione familiare di vignaioli.
Quaranta gli ettari di vigneto di proprietà, da sempre suddivisi tra le due cascine di Ca’ Tessitori in Montecalvo Versiggia, che appartiene alla famiglia Giorgi, secondo testi storici locali, almeno dal 1863, e la cascina di Finigeto nel comune di Montalto Pavese acquisita nella prima metà del Novecento. I vigneti sono posti ad un’altezza intorno ai 300 metri di altezza, sono condotti a Guyot secondo i principi della lotta integrata, con concimazioni fatte esclusivamente con prodotti organici, e totale inerbimento, posti su terreni di origine calcarea, tufacea, marne e argille del Pliocene. Una produzione totale annua va dalle 110.000 alle 130.000 bottiglie. Nell’economia aziendale particolare rilievo ha il Pinot nero, con 17 ettari, ovvero circa il quaranta per cento della superficie vitata aziendale. Pinot nero situati in Alta Valle Versa, che è una delle zone di maggiore vocazione per questa difficile e straordinaria uva di origine borgognona.
Il Cruasé annata 2009, affinato sui lieviti per un periodo intorno ai 30 mesi, 6 grammi di zucchero residuo, ed una raccolta delle uve avvenuta tra il 20 agosto ed i primi di settembre, mi ha convinto d’imperio per il suo bel colore, un melograno salmone di bella definizione e brillantezza, per un naso intensamente vinoso, ma senza eccessi, con una buona fragranza e sapidità e una vena minerale, con sfumature di pompelmo rosa, fiori bianchi, fiori d'arancio, rosmarino e una buona definizione salata. All’altezza anche la bocca, ben secca, decisa, incisiva, con una “bolla” croccante, non aggressiva di una certa cremosità, ed un gusto ampio, con allungo, dinamismo, buon equilibrio e piacevolezza e una persistenza lunga e salata di apprezzabile verticalità ed energia.
Che lo si voglia chiamare, utilizzando questa denominazione “vorrei ma non posso” Cruasé, oppure no, è sicuramente una buona lettura, in rosé, del Pinot nero metodo classico oltrepadano.