Dobbiamo sempre affidarci all’etichetta per capire da dove arriva un cibo che stiamo per comprare e se è di qualità, ma con il pesce possiamo fare anche altro.... Leggi tutto
Siamo stati a una bella tavola rotonda sulla pesca sostenibile: ecco perché è importante mangiare prodotti ittici certificati, come riconoscerli e quali sono i maggiori pericoli per i pesci in questo momento storico.
Ormai si legge sempre di più che la sostenibilità è entrata a far parte del carrello del consumatore. Questo significa che fare la spesa diventa un atto di responsabilità consapevole nei confronti del Pianeta e nell’utilizzo che se ne fa delle risorse. Come dimostra una recente ricerca dell’Osservatorio NielsenIQ sulla Sostenibilità, i prodotti freschi, le certificazioni, la tracciabilità della filiera, la stagionalità e il biologico sono i maggiori requisiti che danno valore a un alimento. Il motto è quello di consumare meno, consumare meglio, in un’ottica di tutela del cibo, che parte dalla conoscenza della sua origine (ovvero da dove proviene) e arriva al suo essere rimesso in circolo (ovvero non sprecarlo).
Entra qui in scena il concetto di pesca sostenibile, che potrebbe essere racchiuso in un motto finale simile a quello che si prefigge il consumatore quando fa la spesa: pescare meno, pescare meglio, cercando di ridurre la pressione dell’uomo sugli ecosistemi marini. Cosa significa quindi pesca sostenibile? L’Osservatorio NielsenIQ sulla Sostenibilità ci dà tre definizioni, molto chiare e legate tra loro:
1) Una pesca sostenibile preleva la quantità di pesce che consente a quella popolazione marina di riprodursi in futuro, minimizzando il suo impatto.
2) E’ un’interconnessione tra salute dello stock, l’impatto su habitat ed ecosistema, e la gestione, che a sua volta è la capacità di adattarsi ai mutamenti che avvengono per mantenere sempre in salute la risorsa.
3) Gestire la risorsa affinché l'impatto venga minimizzato e la risorsa perduri.
Abbiamo già parlato in modo approfondito dell’importanza di acquistare pesce che sia sostenibile nell’articolo Pescato o allevato, purché sia sano. Ecco come deve essere il pesce sostenibile, ma ribadirlo non è mai troppo: come spiegato da Pierluigi Carbonara, ricercatore e biologo marino del COISPA di Bari “noi preleviamo più pesci negli stock ittici di quanto potremmo” creando così il fenomeno dell’overfishing, mettendo a repentaglio la popolazione dei nostri mari e dei nostri oceani.
I dati raccolti dalla FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura, ci dicono che oltre il 25% degli stock ittici è sovrasfruttato, oltre il 60% è pienamente sfruttato e meno del 10% è sottosfruttato. E l’acquacoltura, per quanto riesca a venire incontro alla sempre maggiore richiesta di pesce e frutti di mare, non può essere l’unica soluzione, se la si vuole fare correttamente, quindi in modo non intensivo, nel rispetto degli animali allevati e dell’ambiente.
La pesca sostenibile è quindi un’attività imprescindibile, da mettere in pratica per garantire mari e oceani pieni di vita, per il presente, ma soprattutto per il futuro. Non è un caso che questa rientri tra le azioni fondamentali per raggiungere alcuni dei grandi obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ONU (che sono in totale 17): ha a che fare infatti con l’obiettivo 2 Sconfiggere la fame, l’obiettivo 8 Lavoro dignitoso e crescita economica, il 13 Lotta al cambiamento climatico, il 14 Vita sott’acqua e il 17 Partnership per gli obiettivi.
MSC, ovvero Marine Stewardship Council, è un'organizzazione internazionale non-profit nata più di 20 anni fa per affrontare il problema della pesca non sostenibile con lo scopo di garantire l'approvvigionamento di prodotti ittici anche per il futuro. Lavora con aziende di tutto il mondo per valorizzare i pescatori e le filiere più virtuose, sensibilizzando anche il consumatore finale all’acquisto di prodotti certificati. Come illustra David Parreno, Fishery Manager di MSC Italia, la certificazione si ottiene e si mantiene se vengono rispettati questi tre standard:
- La popolazione ittica oggetto di pesca deve essere in salute: la domanda fondamentale da porsi è “resta abbastanza pesce nel mare?”. Fondamentale perché lo stock possa riprodursi.
- L’impatto sull’ecosistema deve essere minimizzato: gli strumenti della pesca non sono tutti uguali, devono essere quindi utilizzati quelli corretti per consentire a piante e animali marini di prosperare.
- Efficace gestione della pesca: ci sono leggi e regole da rispettare, le aziende devono gestire le operazioni in modo efficace.
“La pesca è un problema complesso e anche le soluzioni sono complesse”, dice Parreno e le sfide della sostenibilità ittica sono molteplici: per esempio, ora i danni derivanti dal cambiamento climatico hanno bisogno di una raccolta dati sempre più massiva, per avere necessità di quadri giuridici efficaci. Su questo punto dà una visione molto chiara Luca Mercalli, che interviene puntualizzando che il nostro Pianeta non è resiliente anzi è “vulnerabile e fragile, quindi tutto il contrario di resiliente”. Allo stesso modo, non lo è il pesce, che è vessato da pesca, inquinamento da plastica e metalli pesanti e appunto dal cambiamento climatico, che provoca acidificazione degli oceani a causa dell’elevata presenza di CO2 e riscaldamento della temperatura dell’acqua, con la pericolosa scomparsa di determinate specie e la comparsa, invece, di altre dette aliene (come il granchio blu che dalle coste atlantiche ora prolifera nel Mediterraneo), che mettono in pericolo interi ecosistemi.
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