Pesce povero: tipologie, proprietà, usi e ricette per gustarlo al meglio

Ne esistono circa 300 specie dall’occhiata al lavatello passando per il pesce azzurro. Si pensa che siano meno pregiati ma fanno bene a noi, al nostro portafoglio e all’ambiente.

Povero ma buono (e poco noto)

Sono in fase di gran rispolvero nelle carte di ristoranti e bistrot, così come ai fornelli di casa: i pesci poveri (solo nel prezzo), rappresentano l’alternativa a branzini, orate e dentice di cui sono invasi i menù. Sani, genuini, e a basso impatto ambientale, alici, sarde, sgombro e decine di varietà ultra local, arrivano dal Mediterraneo al piatto sorprendendo i palati. Sono meno costosi, e quindi consentono anche di risparmiare sulla spesa, ma non di certo nel gusto.

I mari italiani ne sono ricchi: sono circa 300, senza contare crostacei e molluschi, le specie che classifichiamo come pesce povero, spesso prodotti Slow Fodd, catalogati nelle principali regioni costiere dello Stivale. Non sono una vera e propria categoria, ma si accomunano per dimensione e caratteristiche nutritive. In questo generoso paniere marino, troviamo: aguglia, alaccia, alalunga, alice, alletterato, boga, cicerello, costardella, fasolaro, lampuga, lanzardo, leccia, merluzzetto o busbana, muggine, moscardino, occhiata, pagello, palamita, patella, pesce castagna, pesce sciabola, pesce serra, potassolo o melù,  sardina, sciabola, sgombro, spratto, suacia o zanchetta, sugarello, biso o tombarello, zerro. Molte di queste varietà suoneranno familiari, essendo ingrediente principe di alcune ricette della tradizione davvero intramontabili.

Alici, sardine, sgombro & Co sono sostenibili e non pesano sui mari

Secondo la FAO (SOFIA report 2020), il 34,2% degli stock è pescato a livelli biologicamente non sostenibili. Per MSC, organizzazione internazionale non-profit che promuove la pesca sostenibile in Italia e nel mondo, un’attività di pesca è considerata sostenibile su base scientifica se è gestita in modo efficace e quando l’equilibrio tra livello delle catture e rinnovo delle specie e la conservazione dell’ecosistema sono rispettati.

Il pesce povero e il pesce azzurro (alice, sardina, sgombridi..) purchè sia di filiera corta, sono tutti pesci sostenibili. Quando in pescheria scegliamo un pesce solo all’apparenza meno pregiato, anziché tonno, salmone o rana pescatrice, non facciamo solo la spesa, ma compiamo un atto di rispetto per l’ecosistema. In questo modo, infatti, si allevia la pressione di pesca su queste specie più ricercate. Allo stesso tempo si riesce a salvaguardare la biodiversità di tutte le specie ittiche dei nostri mari.

Povero ma ricco di qualità che fanno bene alla salute

Ciò che mangiamo, oltre ad essere buono, è nutrimento per l’organismo. Il pesce povero, in questo, è un super food. Ricco di acidi grassi Omega 3 che riducono il livello di trigliceridi nel sangue e prevengono le malattie cardiovascolari, sono anche un alleato anti age. Alici, sarde ecc, infatti, combattono l’invecchiamento cellulare e danno una mano anche al metabolismo. Non solo, sono fonte di sali minerali, quali fosforo, ferro, calcio e iodio, e di vitamine, in particolare quelle del gruppo B, la D e la E. Ipocalorici, sono ideali anche per chi è a dieta: hanno potere saziante e sono ricchi di proteine e grassi buoni, cosa che consente di consumare una porzione più abbondante.

Alla riscoperta di alici e sarde

Le varietà di pesce povero più conosciute da nord a sud (anche sulle Dolomiti), sono sicuramente alici e sarde. Chi non ha mai sentito parlare di loro, o assaggiato almeno una volta la pasta con le sarde, tipica della cucina siciliana, sarde in saor, caposaldo gastronomico veneto, sarde a beccafico, o le alici ammollicate della tradizione campana? Sono senza dubbio piatti che appartengono ad un ricettario ever green e nazional popolare.

Le sarde, ad esempio, sono economiche (poco meno di 5 euro al chilo) e parecchio versatili in cucina. Dall’antipasto al condimento per la pasta, ma anche semplicemente al forno o alla griglia.

Che dire delle alici? In pescheria si pagano poco più di 6 euro al chilo, e si prestano ad essere utilizzate come ingrediente in diverse ricette. Dalla tiella di alici, alle sempre buone alici marinate al limone o agli agrumi; dalle alici imbottite ad accompagnamento alla pasta con aggiunta di bottarga. Semplice tocco di sapidità anche su una frisella pugliese, con burrata e pomodorini confit.

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Alici marinate al limone
Friselle con alici, arancia e miele di acacia
Pasta con alici e bottarga
Pasta con le sarde
Sarde a beccafico
Tiella di alici

Alici e Acciughe, Sarde e Sardine: parliamo dello stesso pesce?

Un'annosa questione: alici e acciughe sono la stessa cosa o due pescetti diversi? Spesso al banco della pescheria li troviamo con cartellini separati: le alici sono più piccole e giovani, mentre le acciughe sono più grandi e adulte. In realtà fanno parte della stessa famiglia delle Engraulidae, pesci piccoli, dalla forma snella e allungata, con quel color argento brillante che cangia di azzurro sul dorso. Si deve a loro la definizione di pesce azzurro, dopotutto.

A fare la differenza, tra le due denominazioni, è piuttosto il metodo di lavorazione. Quando parliamo di alici ci riferiamo solitamente al prodotto fresco o marinato, mentre le acciughe sono lavorate e si trovano sotto sale, con una maturazione di almeno un anno. L'acciuga, dunque, non è altro che un'alice fresca dopo il processo di salatura.

Allo stesso modo, il discorso vale per un altro binomio dal dubbio amletico: sarde o sardine? Sono anch’esse lo stesso pesce sempre chiamato in due modi diversi, appartenenti alla famiglia dei Clupeidi. Parliamo di sarde quando il pesce è fresco, e di sardine quando è conservato (sotto sale, sott'olio...). Per non sbagliare l'acquisto: tra alici e sarde fresche, le prime sono più affusolate e piccine, mentre le seconde più panciute e carnose.

Il pesce povero dei mari italiani per ricette raffinate

Se su alici e sarde siamo tutti abbastanza ferrati, diverso è per le varietà strettamente regionali, per non dire territoriali. Ne è un esempio la costardella, molto comune nei mari italiani (non nell’Adriatico settentrionale, però), tipica della zona del messinese. Qui la cucinano impanata, alla brace o ripiena. Il tombarello, invece, è molto diffuso, anche se quasi sconosciuto e poco utilizzato dagli chef. Utilizzato in cucina soprattutto sulle coste ioniche pugliesi e sulla costa siciliana settentrionale, ha una carne soda e molto magra ma saporita. Lo si prepara in umido con aggiunta di capperi, e pomodorini. Della stessa “famiglia” è anche il tonnetto, presente sempre nei mari del sud: si accompagna molto bene alle melanzane al forno, alla cipolla caramellata o alla brace, semplice e saporito. Il fratello minore dello sgombro, il cui consumo, dobbiamo ammetterlo, è in prevalenza in versione conservato in scatola sott’olio, è lo sgombro cavallo, diffuso soprattutto in Puglia, dove si usa al posto della carne per un ricco ragù di mare, oppure come pesce da griglia.

Quando l’acqua è dolce: il pesce di lago, low cost e sorprendente

Anche in acque dolci, di fiume o di lago, i pesci vengono considerati poveri. Trota, coregone e salmerino, i più noti, subiscono oggettivi pregiudizi. Il loro sapore, tuttavia, è incredibilmente gustoso e inconfondibile. Sulle sponde del Lago d’Iseo, Agrolittica Clarabella è una nuova realtà impegnata nella valorizzazione di queste varietà. “Il pesce di acqua dolce, che lavoriamo dal 2019, merita di essere conosciuto e apprezzato - spiega il titolare Andrea Rossi - Considerato povero per via del valore commerciale, e spesso considerato poco interessante nella ristorazione. “ Iniziamo subito col dire che il pesce povero di lago non sa di fango, e che è molto più versatile e godereccio di quanto si possa pensare.

La trota, è la più diffusa e facile da utilizzare anche ai fornelli di casa; il salmerino è quello più utilizzato dagli chef in versione gourmand soprattutto in Lombardia e in Trentino Alto Adige, mentre coregone, agone, luccio, e persico, rappresentano ancora una piccola nicchia. “Nel nostro centro di affinamento ricavato in un alveo di acqua cristallina, vengono allevati in maniera sostenibile trote e salmerini che tornano a cibarsi di ciò che è disponibile in natura - continua Rossi - Le carni sono sode e saporite, ricche di gusto e di nutrienti.”

Pescato o Allevato: cosa cambia in gusto, nutrimento e prezzo

Se i più fortunati con un porto o una pescheria di fiducia nelle vicinanze, non avranno grossi problemi con la distinzione tra pesce pescato o allevato, è utile saper decodificare alcune etichette apposte sulle confezioni del pesce acquistato, ad esempio, della Gdo. La prima differenza significativa fra pesce allevato e pesce pescato è il sapore. A cambiare è proprio il gusto: il pesce pescato è molto più saporito, intenso. Insomma: il mare si sente sul palato. D'altronde l'alimentazione del pesce pescato è a base di microorganismi marini, mentre quella del pesce allevato è costituita di mangime che, seppur di ottima qualità, non presenta le stesse sostanze.

Questa prima differenza, puramente (e dici poco!) di gusto, si traduce però anche in una diversità nutritiva delle carni, molto più proteiche e ricche di sali minerali e omega 3 quando parliamo di pesci che crescono in mare aperto. C'è poi da considerare il prezzo, correlato ovviamente alla reperibilità del prodotto: in allevamento la disponibilità è maggiore, senza contare il costo delle battute di pesca. Da qui spiegato il prezzo più elevato del pesce pescato rispetto a quello di allevamento.

Differenze di gusto e di consistenze nel piatto. Non è poi così difficile capire quando un pesce è allevato o pescato: i pesci allevati hanno tutti le stesse dimensioni perché vengono fatti crescere in parallelo seguendo standard finalizzati alla vendita. Il pesce pescato, anche della stessa varietà, differisce per dimensione. Tra i due, comunque, il pescato ha dimensioni più generose. La carne, poi, è più soda e magra nel pesce che cresce in mare piuttosto che in vasca.

Ogni pesce (povero) ha la sua stagione: quando comprare rispettando la stagionalità

Quando si acquista il pesce, povero o meno che sia, è fondamentale rispettare la stagionalità. Come per i vegetali viene rispettato il ciclo della natura, ed è l'orto a dettare i tempi, così i mari locali e il ciclo vitale stilano il calendario. Così facendo si rispetta il ciclo riproduttivo dei pesci, e il fermo pesca annuale. Non solo: il costo, se il pesce è di stagione, è inferiore, e la sostenibilità è garantita dall'abbattimento di filiere lunghe ed esportazioni. Parlando di pesce povero, dunque, sappiate che sul banco della pescheria nella stagione estiva troverete: sugarello, sardina, aguglia, acciuga, spratto, zerro, boga. cefalo, mormora, nasello, e sarago. Nei mesi più freddi, invece, la scelta ricadrà su: acciuga, alice, sardina, triglia, palamita, sgombro, lampuga, lanzardo e tonnetto alletterato.

Piccoli segreti da intenditore per acquistare pesce freschissimo

Una volta riscoperte le proprietà benefiche e il gusto del pesce povero, è utile seguire qualche consiglio per gli acquisti. Avere un pescivendolo di fiducia facilita il compito, e accorcia senza dubbio la filiera, ma imparare ad osservare il pesce per capire se ci troviamo di fronte ad un prodotto più o meno fresco, è fondamentale.

Primo trucco: evitare le fonti di luci dirette sul pesce perché camuffano il reale colore della pelle e delle squame. Il pesce può sembrare fresco anche se non lo è. Guardiamolo negli occhi: l’occhio deve essere aperto, brillante, la cornea trasparente; la carne deve essere soda e compatta; la pelle lucida e senza macchie, e le branchie di colore rosso vivo. Annusate: sentite profumo di mare e di alghe? Allora potete portare a casa il vostro pesce e cucinarlo in tutta sicurezza. Nonostante sia una scocciatura, e richieda una certa dimestichezza, il pesce andrebbe acquistato intero, da pulire e sfilettare a casa. Quando ci pensano in pescheria, però, non è di certo un peccato imperdonabile.

Le alici erano stelle: la leggenda delle Engrauline

Una curiosità sulle tanto amate alici. Esiste una leggenda secondo cui le alici, iridescenti e brillanti, erano stelle che amavano specchiarsi in mare, creando un tappeto argenteo da fare invidia persino alla luna, che accanto sopportava paziente la vanità delle "alici stellari". Una notte, gli Dei posero fine a questa lunga sfida celeste, gettando in mare le alici. “Ecco” disse loro “ora gli uomini potranno godere sempre del vostro splendido color argenteo, che però non sarà più fisso nel cielo ma fuggevole come un sospiro. Da oggi sarete costrette a correre, a stancarvi. Gli uomini vi apprezzeranno non solo per i vostri riflessi ma anche come cibo". E così dal cielo, finirono per risplendere nel piatto.
Eleonora Lanzetti

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