L'inestricabile sodalizio scrittorio di Fruttero & Lucentini mostrava una grave lacuna, per diretta testimonianza del primo, in materia di primi piatti. I due autori non hanno mai voluto - tranne pochissime eccezioni - indicare quale parte toccasse a ciascuno dei due nella stesura dei loro romanzi o, se è per questo, neppure dei brevi pezzi giornalistici che producevano con regolarità.
Nella scrittura condividevano assolutamente tutto, o quasi. In fatto di pastasciutta, però, non hanno mai potuto conciliare i rispettivi gusti. Stranamente, quello che «inveiva come Savonarola contro il concetto di "al dente" e voleva pasta e riso ridotti a una montagnetta papposa indegna di una mensa per alluvionati» era Franco Lucentini. Romano di nascita, vissuto a lungo all'estero e poi fino alla fine dei suoi giorni a Torino, a Roma conservò tuttavia «amici, parenti, monumenti, musei» ma - come si vede - mantenne nei confronti dei primi asciutti un'opinione ben diversa da quella corrente nella capitale. Sicché alla fine di una giornata di scrittura condivisa, quando si passava in cucina (ricorda Fruttero) gli spaghetti erano «sempre troppo al dente per lui, troppo scotti per me».
Fruttero & Lucentini hanno scritto due romanzi che più che fluviali sono dei veri e propri bacini idrici, ed altre opere di narrativa più brevi ma non meno articolate. Però, per quell'esercizio che chissà quanti avranno svolto dalle primordiali conversazioni intorno al fuoco in una caverna, ma che da un secolo esatto va sotto il nome di
madeleine, scelsero un breve pezzo nella rubrica che tennero per anni sul quotidiano
La stampa. Il loro personale scatenamento di emozioni suscitate nella memoria da un gusto ebbe luogo quando una giovane coppia di artisti li invitò a cena. Fu portata in tavola, accompagnata da entusiastici commenti eco-filologici, una zuppiera di «bigoli di farina integrale conditi con l'acciuga. All'orecchio suonava invitante. Alla vista sembrava appetitoso. Fu il sapore a colpirci [scrivono] con violenza vertiginosa».
Il ricordo che si ridestò in Fruttero & Lucentini, nati negli anni Venti e che dunque traversarono gli anni della seconda guerra mondiale nella loro «età che scoppia», risale appunto alla vita in tempo di guerra. Quando usavano «i bollini della tessera annonaria, i miseri quadratini che davano diritto a pochi grammi di una pasta bruna, amara, immangiabile, maledetta».
Con gli ospiti mentirono serenamente, affermando di non aver mai assaggiato bigoli come quelli. Ma i due sereni moralisti poterono da allora affermare di aver provato la stessa emozione, almeno per una volta, davanti a un piatto di pasta.