Maremma è parola grande e inesatta: un territorio così eterogeneo - se non avessi il culto del garbo nella parola direi: disomogeneo - da ubriacare ogni tentativo di classificazione. Chiazzato di diversità: infinitamente ricco di sfumature, chiamate alla luce dall'infinitamente povero nei secoli dei secoli, quando la gara era sopravvivere.
Ora la diversità stordisce: dal rigoglio balsamico della prima duna al mare fino ai deserti di vigne pettinate a Magliano. Storia, paesaggio, umanità, in un calderone che definire in una sintesi può solo portare all'approssimazione. Bolgheri, mecca vinicola anni '90, è a un tiro di sasso da qui.
La Maremma che preferisco è quella da percorrere in bici, quando i saliscendi ti schiantano i polpacci allenandoti al peggio per ottenere il meglio: non sarà un caso che Paolo Bettini - uno dei più grandi ciclisti italiani di tutti i tempi - sia nato e vissuto qui, a Bibbona.
Poi a Bibbona c'è anche il mare: ma doveva essere una cosa secondaria, perchè ci vuole una parolina in più per trovarlo: Marina di Bibbona. Allora segui la strada che serpeggia tra le tamerici, attraversi la macchia profumata ed arrivi sulla spiaggia, una delle poche giornate di sole di questo antipatico 2013.
Il cielo ha le sfumature dell'indaco, e il mare lo specchia saturandone il cuore. Poi il litorale: di una semplicità quasi banale: la sabbia irrimediabilmente color sabbia, con i granellini di sabbia irrimediabilmente del calibro della sabbia. T'arrendi all'impossibilità di volteggiare nell'aggettivazione: cielo, mare, sabbia. Dietro, la duna. I segni della stagione che verrà, i primi sparuti ombrelloni per i primi sparuti turisti, cosce rosa e spalle rosse, lingue vikinghe, facce mascellate e biciclette pieghevoli.
Poi c'è Zazzeri, il ristorante di pesce sulla spiaggia. Ma questa è un'altra storia.