L'Italia non è paese da conoscere volando. La sua vera ricchezza infatti, è nascosta tra le pieghe dei suoi rilievi, ha la forma di scogli precipitati nelll'acqua o la vertigine delle sue pietre arroccate. Allora compagno sia il treno, magari quello di una volta, interrotto da mille stazioni intorno al nulla o, più facilmente, l'automobile col suo stridore di gomme che rotolano sulla provinciale.
Sarà scoprire un mondo che non si immagina, quello scomparso dalle finestre delle città ma che resiste mutandosi in arcipelago. Dopo l'ultimo totem di ferro e cemento del casello autostradale comincerai a risalire a caso tra quelle dune colorate di verde, sipari di antichi gioielli: Anagni per esempio. La silenziosa anima medioevale assediata dal frastuono della sua modernità mercantile e commerciale: un compendio di storia dell'umanità in pochi chilometri quadri. Oggi ventimila o più la abitano e tra i loro antenati figurano ben 4 papi. Non fermarsi sarà peccato.
Alcuni di loro nel V secolo, in fuga dalle invasioni nemiche, fondarono qualche chilometro a cavallo più in là e soprattutto 250 metri più in alto, Acuto. Quì, dentro le mura del suo cuore antico tutto apparirà ritagliato su di te, sulle misure del tuo corpo, sui tuoi passi. Le strade del borgo - con i ciottoli lucidati dal tempo - come corridoi tra le case, il cielo un soffitto molto alto per poter prendere fiato mentre li percorri.
Poi, sulla strada che ti lascerà andare via, dedicherai qualche ora per conoscere un uomo e la sua cucina: Salvatore Tassa, corpo ed anima delle Colline Ciociare. Una sala affacciata sulla valle. Cinque tavoli con venti sedie. E quindici pietre. Poi, oltre il vetro, a ridosso della cucina, un tavolo speciale. Quello per vedere i mosaici degli impiattamenti ed ascoltare lo chef alternarsi tra urla in cucina e confessioni sussurrate al tavolo. Intanto un sovrapporsi di colori, piatti, idee, rancori, profumi e racconti a costruire il menù Impressioni di settembre. Descrizioni essenziali per complessità gastronomiche.
Leggi pomodoro e gin e ricorderai il mistero della sua cottura sottovuoto, del ghiaccio, dell'osmosi, delle quattro ore per prepararlo, di come possa essere estrema la semplicità. Poi col cucchiaio scoprirai la sinergia -sorprendente- tra la vellutata di zucchine e una ancor più eterea salsa di aringa a prolungarne l'essenza. Ti annuncia la minestra di radici e sarà crema di cavolfiore su quel corpo di melenzana al vapore che l'infuso di bosco bagnerà anticipando l'autunno che non vuol venire. E poi, finalmente, metterai un punto alla ricerca della capasanta giusta. Questa. Cotta in foglia di castagno, come affumicata, con una salsa montata con il suo corallo e l'aglio. Poi sotterrata con i pioppini.
Continui e di molto. Un viaggio nel viaggio. E la voglia di tornare anche per vedere se quel dessert, nato al tuo tavolo ed appuntato con tre parole sul blocchetto dello chef, è davvero in carta dopo qualche ora che le tue gambe sono sotto il volante. Gelato di pane e lardo. Aveva scritto così.
Allora non scappare via nella notte. Questione di centinaia di metri e il maggior numero di alberghi edificati fuori la capitale sono qui, costruiti intorno alle terme del Palazzo della Fonte, a Fiuggi. Ai confini di questi boschi di castagni, molto prima che altrove, avevano compreso l'importanza del benessere e del relax, al punto da dedicarci una città e farci arrivare, da subito, la ferrovia.
Prima che le rotte degli aerei, distrattamente, tracciassero il nuovo atlante. Appunto.