A Montalcino è vita dura per qualsiasi vino che non si chiami Brunello godere della notorietà, della considerazione e dell’immagine di cui gode il migliore dei vini base Sangiovese in purezza prodotti in tutto il mondo. Ancora più complicate sono le cose quando a dover trovare un proprio spazio e una giusta dimensione è un vino, come il Rosso di Montalcino, che a torto o a ragione (io parlerei piuttosto di un tipo di considerazione frettolosa e superficiale), passa per essere il “fratello minore” del Brunello, o peggio ancora un “brunellino”. Per certi versi non hanno tutti i torti coloro che liquidano l’altra grande espressione del Sangiovese cento per cento a Montalcino come un vino “di ricaduta”, di importanza minore.
Il Rosso di Montalcino è un vino che non ha un’identità precisa ma molte, che vanno dal semplice rosso giovane base, affinato in acciaio, che può essere immesso al consumo già dopo il primo settembre dell’anno successivo a quello di produzione, sino a vini più importanti commercializzati dopo un affinamento in legno e una permanenza di qualche tempo in cantina. Ci sono però Rosso di Montalcino che riscattano totalmente questa nomea di vino senza particolari pretese, buono quando è buono ma non grande e accanto a nomi come quelli di Lisini, Gianni Brunelli, Col d’Orcia, Campi di Fonterenza, Il Greppo, Gorelli Le Potazzine, Siro Pacenti, per citare solo alcuni dei primi Rosso di un certo impegno che mi vengono in mente, collocherei, assolutamente in pole position, lo strepitoso Rosso di Montalcino di Poggio di Sotto.
Nata nel 1989 per iniziativa di Piero Palmucci, maremmano di nascita con idee e formazione svedese, sul versante sud-est della collina di Montalcino, a poca distanza da Castelnuovo dell’Abate e dalla struggente Abbazia di Sant’Antimo, questa tenuta, che si è avvalsa sino alla sua morte, ai primi di gennaio del 2012, della collaborazione preziosissima, come maestro assaggiatore e conoscitore supremo di Sangiovese di Giulio “Bicchierino” Gambelli, ha imposto annata dopo annata un’idea di Rosso di Montalcino altissima che non solo reggeva il confronto, ma rivaleggiava con il “fratello maggiore” Brunello. Che la tenuta produceva con risultati parimenti straordinari.
Dal settembre 2011 Piero Palmucci ha passato la mano, cedendo l’azienda che si estende su un’area di 32 ettari, di cui 10 impiantati a vigneto, e i restanti a oliveto (1.400 piante) e bosco, vigneti che seguono i criteri della coltivazione biologica garantita e certificata dall’ICEA e che si distendono su una pendice che dai 200 metri gradatamente sale fino ai 400, su terreni ricchi di scheletro, con prevalenza di galestro e argilliti nella porzione basale della pendice e di argille e conglomerati verso la sua sommità, ai fratelli Maria Iris e Claudio Tipa.
I Tipa, già proprietari dal 1998 del Castello di Colle Massari compreso nella DOCG Montecucco in Alta Maremma e dal 2002 del Podere Grattamacco nella Doc Bolgheri, con l’acquisto di Poggio di Sotto, che si trova in una zona protetta dal Monte Amiata da un lato, aperta alle brezze marine dall'altro, carezzata dalle rive del fiume Orcia, e gode di un microclima unico beneficiando di importanti escursioni termiche anche in piena estate, hanno coronato, avendone i mezzi, il sogno di poter disporre di una delle migliori tenute di Montalcino. Con il loro arrivo sembra non essere cambiato nulla ed i vini, Rosso compreso, che continueranno a produrre resistendo alla tentazione di destinare anche le sue uve a Brunello, appaiono totalmente all’altezza della loro fama. E degustato nel corso della recente edizione di Benvenuto Brunello il Rosso di Montalcino 2009 mi è sembrato molto più grande e “brunelleggiante” e dotato di una personalità più spiccata di quella di tanti Brunello di Montalcino 2008… Non c’è da stupirsi, a Poggio di Sotto producono il Rosso con lo stesso rigore e la stessa serietà e la precisa volontà di ottenere un grande vino destinate al Brunello.
La resa per ettaro è di 30-35 quintali, le uve vengono selezionate con lo stesso criterio applicato per il Brunello. La vinificazione avviene in tini di legno troncoconici da 70 quintali, con fermentazioni spontanee e macerazioni molto lunghe, con rimontaggi all’aria. L’affinamento ha luogo in botti di rovere da 30 ettolitri per 24 mesi e in bottiglia per 6 mesi. Il vino non viene filtrato prima dell’imbottigliamento. Certo, questo Rosso di Montalcino di Poggio di Sotto costa come un Brunello, e di quelli seri, ma questo 2009 imbottigliato nel dicembre 2011, lascia di sasso per la sua stupefacente bontà.
Colore rubino brillante, risplendente di quella luce che ha solo il Sangiovese di Montalcino nelle sue espressioni più pure, estasia, sin dalla prima “snasata” nell’ampio balloon per l’integrità, la purezza, la succosità polputa e croccante della ciliegia nera, che ritorna puntuale, golosa e amplificata anche al gusto, per la varietà di accenti di erbe aromatiche e macchia mediterranea, e liquirizia, pepe nero, ginepro, sale, e una nitida vena minerale, che il vino sprigiona, con straordinaria freschezza e vivacità. In bocca, ancorché estremamente giovane e bisognoso di tempo per sciorinare compiutamente tesori di complessità, mostra già la setosità di un tannino presente, centrale, ma mai aggressivo, la larghezza e l’ampiezza di un tessuto delicato, un grande equilibrio, una ricchezza di sapore e una verticalità, un nerbo, e una piacevolezza estrema, sapida e petrosa, da vino di classe superiore. Un grande Rosso di Montalcino dotato di un forte carattere, altro che “fratello minore” del Brunello.