Acciperbacco come si è bevuto bene quest’anno a Firenze in occasione della Chianti Classico Collection (traduco per non i non esterofili: l’anteprima delle nuove annate del più toscano dei vini, il Chianti Classico) tenutasi nella splendida cornice (si dice così, ma splendida e ospitale lo è davvero), ovvero la fatidica Stazione Leopolda di renziana memoria e abituale frequentazione.
Anche senza che si aggirassero tra di noi le varie “renzine” – per fortuna c’erano produttrici e un’addetta marketing fiorentini/a che le Boschi e le altre fedelissime del Capo aspirante ducetto le facevano apparire come delle autentiche Rosy Bindi… - siamo stati magnificamente bene per due giorni, anche la sera del martedì grasso, quando il Consorzio ha trasformato la cena di gala in una sorta di buffet-ballo in maschera e qualche esperta o presunta tale si è divertita, noi un po’ meno a guardarla, a travestirsi da diavolessa…
I Chianti Classico, i 2013, e poi i 2011, quelli normali, le riserve e le discusse Gran Selezione, ci hanno sciorinato, nelle degustazioni alla cieca ed in quelle fatte alle postazioni dei produttori tesori di armonia, fragranza aromatica, complessità e piacevolezza, con un tale profumo di Sangiovese, toscano e chiantigiano, da farci andare in brodo di giuggiole. Da farci concludere, all’unanimità, fossimo commentatori italiani, americani, inglesi, polacchi, giapponesi o arrivati a Firenze da chissà dove, che, evviva!, il grande Chianti Classico é tornato, con un’eleganza e una finezza difficili da trovare persino a Montalcino.
Ovviamente io, oltre ad assaggiarmi un bel tot di Chianti Classico (ve ne segnalerò presto qualcuno) profumatissimi di Sangiovese e magari addizionati di un pizzico di Canaiolo e Colorino (i cosiddetti vitigni “migliorativi” franciosi sono fortunatamente in via di scomparsa e confinati ai Super Tuscan, per gli amanti del genere) curioso come una scimmia come sono, ho giringirellato tra i banchi dei produttori non solo per poter decidere quale fosse la Miss Chianti Classico Collection (l’ho trovata è un’americo-tedesca che con il fratello produce un Chianti Classico di sovrana eleganza: un po’ come lei…), ma per vedere se, caso mai, qualcuno di loro avesse avuto la spudoratezza di portare in assaggio, indovinate cosa?, dei rosati.
La mia curiosità è stata premiata, perché di rosati, di Sangiovese in purezza, uvaggi con altre uve autoctone e alloctone, ne ho trovati – e ho fatto il bis il giorno dopo a Montepulciano, patria di un Vino Nobile che dovrebbe essere ben più nobile… - svariati. E tutti, o quasi tutti, bboni.
Quello che mi è piaciuto di più e che ho dovuto penare per assaggiare, giacché tenevano la bottiglia calda sul tavolo e ho dovuto insistere perché trovassero il modo di raffreddarla e potermela fare provare in condizioni adatte, è un Sangiovese 100%, annata 2013, il 2014 verrà pronto tra qualche mese, non c’è fretta, prodotto da un’azienda agricola di Monteriggioni, Lornano, che per me presenta una garanzia duplice, vede cioè agire come enologi consulenti due signori che al Sangiovese danno del tu come pochi altri al mondo, il vecchio amico (veneto di Abano ma chiantigiano d’adozione da illo tempore) Franco Bernabei ed il su’ figliolo minore Matteo. Mentre il maggiore, Marco, opera altrove.
Se ci aggiungo poi la notazione che direttore generale e agronomo sia Silvio Campatelli, che di un altro Campatelli (l’ex direttore del Consorzio Brunello di Montalcino) dovrebbe essere stretto parente, allora siamo a posto.
Scherzi a parte, il Chianti Classico base ed il riserva 2011, entrambi Sangiovese in purezza, mi avevano “parlato” benissimo il martedì sera fiorentino, quando Franco mi aveva indotto a provarli, ma questo Igt Toscana rosato che mi sono meritato, pazientando che raggiungesse una temperatura da rosato e non da vin brulé, mi ha colpito davvero.
Prodotto in 4000 esemplari, prezzo franco cantina agli operatori di 5,60 euro (ho provato invece altri rosati dai prezzi un po’ eccessivi…) da un’azienda che conta su 46 ettari di vigneto, 28,5 a Chianti Classico Docg, 6 a Chianti Colli Senesi Docg, 9 a Igt Rosso Toscano e due a Vin Santo Chianti classico.
Questo Rosato, denominato Etél, nasce da vigneti di recente impianto, con densità di 5500 piante ettaro posti a 300 metri d’altezza con esposizione sud – sud ovest su terreno di media tessitura con una parte di sabbia e limo e giaciture alluvionali, ed è una selezione delle migliori uve raccolte a metà settembre e poi a metà ottobre, vinificate e affinate in acciaio, con una macerazione di 48 ore sulle bucce a temperatura controllata.
Un vino che mi è piaciuto già dalla scelta della bottiglia borgognona e non bordolese, e per l’etichetta essenziale e senza paciughi e ghirigori grafici, e quindi per il colore, un bel melograno salmone vino, brillante – e considerate che ho assaggiato l’annata 2013, imbottigliata il maggio 2014, ancora in perfetta forma, splendente d’integrità e d’energia.
E quindi per il naso, complesso, ricco, variegato, ma elegante, tutto pompelmo rosa, ciliegia, melograno a comporre un insieme fresco, vivo, diretto, accattivante, all’insegna di una fragranza salata.
E bello, goloso, ben teso, dinamico, con vena lunga e salata, ben secco, il gusto, ben bilanciato in tutte le sue componenti, dotato di un bello slancio, di grande vigore e piacevolezza.
Uno di quei rosati di cui, per la mia Lei (che se lo assaggiasse lo troverebbe subito stupendo) e per me si renderebbe necessaria non solo la bottiglia, ma un magnum, tanto la beva si potrebbe protrarre piacevole, abbinandolo a cose fresche e primaverili a base di verdure, carni e pesci in umido a tavola, oppure sorseggiandolo nel chiacchiericcio fitto che precede e segue… l’amore…