Un chiarimento preventivo indispensabile innanzitutto. Il vino di cui vado a parlarvi è un
Igt Basilicata, anche se il marchio che lo commercializza è abruzzese. Questa apparente incongruenza si spiega facilmente con il fatto che Vigneti del Vulture, azienda che produce il Rosato Basilicata IGT Pipoli, fa parte con altri marchi di Campania e Sicilia della galassia
Farnese Vini di Ortona “azienda vinicola che in pochissimi anni di attività, grazie ad un’attenta politica votata alla più alta ricerca qualitativa e di marketing, è diventata leader tra le aziende esportatrici del Sud Italia con una produzione di quasi 13 milioni di bottiglie”. Esportati per il 93% in oltre 70 Paesi (pensate pure ai più strani, sicuramente ci saranno anche lì) le quasi 120 referenze vinicole di Farnese, anzi della Fantini Farnese come bisogna abituarsi a chiamarla, azienda dinamica guidata dal vulcanico Valentino Sciotti, coprono una gamma vastissima di tipologie, in bianco, rosso e anche rosato.
Tra i rosati accanto all’ormai classico Cerasuolo d’Abruzzo Doc Fantini, medaglia d’oro nella categoria vini rosati Doc e Dop, con l’annata 2012 nella seconda edizione del
Concorso rosati d’Italia, credo abbia trovato una sua identità precisa il rosato prodotto nell’azienda lucana del gruppo, la Vigneti del Vulture, opera di uno dei diversi giovani enologi open mind con esperienze di vendemmia e vinificazione maturate in tutto il mondo, soprattutto nel Nuovo Mondo, Dennis Verdecchia, responsabile delle vinificazioni in Campania (nella tenuta Vesevo in Irpinia, ottimo il suo Taurasi 2008) e nell’area del Vulture.
Anche lui rafforzato da esperienze maturate in Argentina, Nuova Zelanda e Sud Africa, Verdecchia ama sperimentare e percorrere strade nuove. Lo ha fatto, in Basilicata, con un ottimo Aglianico del Vulture 2011 senza solfiti aggiunti Pipoli denominato Zero, affinato esclusivamente in acciaio e ottenuto da una macerazione protratta per ben tre mesi, quindi potendo contare su un vigneto di Aglianico posto in comune di Acerenza ad 850 metri di altezza, terroir speciale dove quella grande uva sviluppa un frutto potente, ottima struttura tannica, ma mantiene una grande acidità e freschezza, ha pensato ad un sorprendente Charmat rosé base Aglianico, la
Gran Cuvée Rosé Fantini Farnese (valorizzato nel suo appeal da un packaging curato e da una bottiglia che ricorda quello dello Champagne di una nobilissima antica maison di Reims).
E poi, dopo essersi inventato un bianco particolarissimo come il Pipoli bianco, mix di uve Greco da vecchi vigneti ad alberello e di uve Fiano, ha pensato bene che con l’Aglianico si potesse produrre anche un signor rosato. Affinato esclusivamente in acciaio, da uve, raccolte il 10 ottobre, versate direttamente in pressa per ottenere un mosto fiore. Il risultato è un rosato di tutto rispetto che mi rafforza nella convinzione che anche l’Aglianico possa rappresentare una di quelle uve che fanno la differenza non solo nella produzione di grandi rossi di ampia struttura ma anche di più garbati rosati da antipasti, carni bianche e preparazioni a base di pesce.
Cerasuolo squillante il colore, brillante, multiriflesso, pieno di vita, ed il primo impatto olfattivo mostra un naso energico, salato, di grande densità e nitore, con note di ciliegia e di agrumi in evidenza e una bella vena sapida nervosa. La bocca è ben secca (vivaddio, con nessuna concessione alle mode sceme che originano rosati in forma di stupidi bon bon fragolosi chewingosi e zuccherosi), asciutta al punto giusto, con ampio sviluppo, larghezza, ampiezza e persistenza, una considerevole struttura ed un finale salato minerale pieno di sapore che invoglia al bere e consente al vino di ben sottolineare ed esaltare le preparazioni gastronomiche cui viene accostato.