La cosa infinitamente interessante delle cose di vino è che più apprendi, più ti si aprono orizzonti. Arraffi dallo scaffale dell'enoteca questo bianco da uve "Nuragus", che non sapevi nemmeno esistesse, e dopo breve ricerca scopri che non ostante lunga pratica d'espianto ancora oggi il Nuragus è vitigno che regala alla Sardegna poco meno di un terzo della produzione totale. Antichissimo, c'è chi dice abbia origini fenice, il Nuragus nell'immaginario collettivo scompare di fronte ai nomi epigrammatici dell'isola: Cannonau, Vermentino, Vernaccia non sono più importanti ma di certo parlano molto di più al grande pubblico.
Pala parla alla sua terra, ricordando subito una pianta endemica: l'aquilegia nuragica, una perenne imparentata con il ranuncolo.
Chiarissimo, limpido come acqua di fonte, ha trama diafana e tensione moderatissima.
Il naso è anche piuttosto deciso, quasi quadrato. Una prima nota farmaceutico medicamentosa scompare con l'ossigenazione, lasciando il posto ad una traccia d'agrume limone: la mineralità resta molto spinta, a tratti soverchiante, fino all'uscita ricurva.
Cerca la freschezza il sorso, assieme all'equilibrio tra zuccheri e acidi. Più liscio da freddo, all'aumentare della temperatura perde compattezza fino a quel centro che t'appare più alcoolico dei valori di targa. Poi la seconda parte si chiude laconicamente, con una sola riga verde sottile.
Bicchiere interessante, per 5.30 europei in enoteca.