Di quei bicchieri che vorresti averne: sfacciatamente, a un grado di temperatura in meno del lecito. Di quei bicchieri che sarebbero capaci anche di farsi maltrattare per farti felice: a garganella, da berne, e senza commentarne, e senza parlarne: ma parlare d'altro, di quando eravamo militari, del primo amore o dell'ultimo, e comunque senza misura e senza freni.
Poi la missione di raccontarlo, il Sangiovese semplice ma complicato di Luigi
Mancini, che lo rappresenta in pieno, quasi una fotografia. Un bicchiere che se la fai lunga si potrebbe nascondere, ma se l'abbocchi e lo bevi, ecco: allora diventa friabile e generoso, pronto a dirtene quattro.
Dalle spettacolari vigne di Focara un sangiovese atipico, rispetto alle produzioni del luogo: rubino lucente, trasparente, fulgido. Freddo al naso: tutti i frutti chiari e belli, alcool velato, il familiare e muschioso tremore umbratile delle cantine, non senza la muschiosità effervescente delle rocce in ombra.
E poi l'assaggio: stretto e convinto, diritto e fermo, vibra di luce mentre s'avvia verso un centro fibrillante, un percorso squillante, un finale palpitante.
Copia bene gli aromi lungo tutto il sorso, rilasciando atomi d'ebbrezza e di felicità.
Piacevolissimo.