L'Amarone incute sempre un po' di soggezione: se il millesimo è il '3, allora la soggezione si fa timore, non sempre reverenziale. 16° alcoolici di targa e tutta la mitologia sulle spalle, non roba da poco.
Invece Jago, al contrario del suo omonimo sagace e infìdo, t'accoglie con le sue onde plausibili. Accettabili.
Certo, il colore è nero come la notte, e il bordo è nero come la notte, e il cuore è nero come la notte. Certo il profumo è profondo come il pozzo della miniera: ma poi sfolgora tra i bagliori di un frutto spellato vivo, furioso di polpa e di alcool: e non potrebbe essere altro che così.
Non solo per il fruttaio, severo più di quanto t'aspetti, e forte e alto, ma per il resto d'animale che vibra forte nel bicchiere. La cenere dopo il fuoco, e non rare arie officinali.
Plausibile, si diceva: e anche il sorso tiene il passo, rovente, ma non esausto di calori: anzi quell'attacco che contiene prima ed esprime poi tannini levigati ma non sdrucciolevoli, quel centro che si fa carnoso ma non masticabile, e poi proiettato all'infuori, verso un finale che non appare presto dietro l'angolo.
Bicchiere importante, ma umano.