"Passa l'angelo, passa l'angelo, e ti offre da bere" L'angelo, F. De Gregori
Lo so, i super toscani. Io non ci credo, io voglio bere il territorio, io voglio che i francesi facciano i loro vini e che si incazzino, io voglio il sangiovese tra le crete ed il Chianti, io voglio il nebbiolo in Sabaudia e il catarratto in Trinacria. Io voglio bere il semidano freddo quando sono sull'Isola. Io, io, io.
Ma poi passa un angelo, e ti offre da bere.
Bevi questa roba scura e accecante, che fonde il vetro e lo colora di melograno maturo e sgranato. Bevi questo bicchiere che sa d'Amicizia preziosa, di un regalo condiviso e messo in tavola, e pensi, ancora una volta, di non avere capito nulla di vino. Per fortuna.
Il d'Alceo 1999 è uno schiaffo d'eleganza che stordisce, come quando entra quell'uomo sorridente, che con uno sguardo lanciato da dietro i suoi occhi grigioverdi, già sai che ti ha convinto, già sai che qualunque cosa avrà da dire, con quella giacca in tweed che lo veste come un guanto, sarà perfetta, o, nel peggiore dei casi, memorabile.
Frutti scuri e macerati, profumatissimi, e poi odori meravigliosi e strazianti di terra ed erbe, di corteccia e foglia, di fiori spenti, di pipe accese con il vecchio Brown n. 4, di dolcezze mai legnose, di selvatico e cortese. Di tutto quello che non conosci ma che vorresti riconoscere. Il sorso allunga, scalcia elegante al trotto, si accovaccia sulla gola, si inchina lentamente ai minuti che passano, fino a quando non capisci più quanto tempo è scivolato via.
Un grazie a Daniele T., "l'angelo" di questa bottiglia