Dalla Valle d'Itria a Harrods: un bel salto, per il capocollo di Martina Franca. Il prodotto principale del paesino in provincia di Taranto, sede di un famoso festival di opera lirica diretto, negli anni passati, da un grande maestro come il compianto Rodolfo Celletti, è sbarcato in Inghilterra.
Il famoso grande magazzino londinese ha difatti richiesto una fornitura confidenziale a Giuseppe Santoro, che con i suoi figli e con Pietro Caramia manda avanti il piccolo salumificio che tuttora porta il nome della sua famiglia, e che si trova a breve distanza, a Cisternino (Brindisi), la città delle arcinote “bombette” alla pugliese. Sono, le bombette, degli involtini di capocollo ripieni di formaggio e cotti alla brace: una squisitezza, che alla produzione di capocollo locale deve tutto.
I norcini della Valle d'Itria godono di gran fama da sempre, per la loro abilità nella lavorazione e per l'acume con cui mandano avanti le stagionature dei capocolli.
Giuseppe Santoro è fresco di trionfale partecipazione al Salone del Gusto torinese, edizione 2014. Lui e la discendenza hanno ulteriormente migliorato l'immagine aziendale, rendendola accattivante e moderna, ma rifiutandosi recisamente di abbandonare il “saper fare” tradizionale di questi luoghi. Prendete il loro capocollo di Martina Franca: uno spettacolo.
La materia prima è il maiale allevato esclusivamente in loco: Giuseppe è stato tra i promotori della Comunità del Suino della Valle D’Itria, nata col compito di riunire gli allevatori e i trasformatori che ancora non hanno abbandonato l'alimentazione a ghiande e il sistema semibrado. Anche l'affumicatura del capocollo è attuata mediante la combustione di legno di fragno, un tipo di quercia che in Italia è presente quasi solo in Puglia e Basilicata. Segue un'oculata maturazione in ambienti adeguati, per mai meno di 100 giorni, che poi è un modo di dire perché in realtà stagiona molto di più. Complimenti.
Anche il resto della produzione segue i medesimi criteri di qualità. Per esempio, il Salame Casereccio della Murgia, anch'esso affumicato come si usa qui: nasce da carni di coscia, spalla e grasso duro, il tutto a impasto grosso e arricchito con vino cotto ricavato esclusivamente da mosti di vitigno verdeca, un'uva bianca che costituisce la base del vino bianco Gravina. Anche questo salame è sottoposto a conveniente stagionatura. L'impasto col vino cotto, anche se macinato più fine, trova posto anche nella Staffa, il tipico salame-salsiccia ricurvo del meridione, in versione dolce o piccante, quest'ultima giustamente arricchita di peperoncino. Idem buonissimi anche la soppressata e la pancetta. Ultimo nato, il filetto lardellato: un filetto di maiale a cui viene lasciato lo strato di grasso e la cotenna, il che consente lunghe stagionature perché il grasso conferisce morbidezza alla carne sottostante. Beh, prosit!