La metropoli lombarda non è la ville lumiere: anzi pare uno sconfinato paese di campagna cresciuto troppo. Si estende verso Sud, trasformandosi in una metafora bidimensionale di una città notturna. Le luci al sodio stirano l'orizzonte piagato dalle insegne, mentre fumi di nebbia troncano le parole ai lati dei fari dell'auto.
Svolto nel parcheggio, dove la luce gialla della Grande Emme Gialla offende gli occhi abituati alla penombra del cruscotto tedesco. Per fortuna all'interno c'è luce soffusa.
Strizzo le palpebre per mezzo secolo sui grandi cartelloni con il menù. Ho finito molto tardi stasera, ci sono troppi numeri quasi-uguali per troppe combinazioni tra le quali non riesco a capire le differenze. Chiedo alla ragazza peruviana, che in un soffio cerca di rispondermi. È alta sessanta centimentri meno di me, probabilmente è una discendente degli Otavalo. Dice la B al posto della V, mi piace.
Chiedo cosa sono i Wrap, e lei mi risponde: sorride, ma gli occhi sciabolano risposte mordaci, Certo, siamo all'Enoteca Pinchiorri, vado chiedere allo chef la composizione dell'aspic di lingue di raganella tropicale.
Spendo undici, due Wrap, patate, tutte le salse del globo, bibitone.
Il Wrap non è pronto nello scivolo dei panini. Fatto all'istante dice il claim. Ci vuole un minuto, più un altro, ed arriva un involto di cartoncino con le istruzioni per l'uso: solleva, strappa, afferra. Tutto funzionale, non ti imbratti nemmeno le mani.
Inizio con il Wrap al pollo, che è il solito pollo McD. La tortilla - una specie di piadina più molle - è fresca, contrasta con il ripieno rovente, e non è del tutto gradevole. All'inizio il boccone è asciutto, la cartonatura soravviene al resto. A metà compaiono gli altri ingredienti: cipolla, insalata, salse. A due terzi il boccone è pura lussuria, un concentrato di purissimi peccati capitali. Poi incontri il rivolto, che si fa fangoso per le troppe rivoluzioni, e va lasciato. Infastidisce un sottile refolo di idrocarburo, come gomma vinilica bruciacchiata dall'origine non identificata.
Accolgo il familiare senso di ottusa satollanza che segue ogni McDonald's pasto, e attacco virilmente il Wrap con carne: che è poi uno sminuzzo d'Hamburger. Non che l'aspetto sia particolamente appetitoso: dall'orlo dell'involto tracimano alcuni pezzetti che ricordano da vicino le polpette d'avanzi abbandonate nei fòndaci dei più crudeli frigoriferi General Electric degli anni novanta. Attendo con impazienda il flash orgasmatico delle carni impiastricciate di salse e verdura, ma questa volta l'effetto non funziona, il wrap resta fino in fondo un hamburger infilato nella gabina spaziotemporale de La Mosca ed uscito dalla parte sbagliata.
Livello di soddisfazione: Wrap - pollo, goduria; Wrap - carne, mestizia.
Promosso con debiti.