Non ora, che tra poco si scatena "il vecchio va e vieni" [cit.] sulla A14, e sarà impossibile programmare qualsiasi idea di trasferta tra il continente e la riviera romagnola. Non fosse per questo mi piacerebbe progettare una piadinopedìa, che provi a trattare l'argomento con dovizia di particolari. Che da forestiero te ne senti raccontare di tutti i colori, magari un po' alla buon comando dai pur bravi spiadinatori rinchiudi dentro i chioschi a righe verticali che affliggono il paesaggio dal po fino al confine con le Marche.
Ma è certo che come i tortelli di zucca qui nella padanìa citeriore, la ricetta della piadina perfetta cambia ogni metri trentatrè.
Quelli di Ravenna sono celestini. La signora internata nel loculo ha risposto alle domande spontaneamente, senza ricorrere a mezzi meccanici: come quasi ovunque l'impasto, disponibile in gran copia, viene tirato sul posto e piastrato all'istante. Si usa, dice, un lievito chimico, a sollevazione istantanea: anche se la regola - dice - vorrebbe almeno 24 ore di riposo. Ovviamente, è impossibile gestire le grandi quantità, e quando si usa, si usa lievito rapido.
La piadina di Ravenna è spessa e fitta, leggermente sollevata ma ancora molto compatta: vagamente infeltrita. Viene ripienata con le classiche farciture: dalle più antiche e corpacciute salsicce con la cipolla a cose contemporanee, come il prosciutto cotto e il fontina o squacquerone e rucola
Buona la digerbilità: a sera te la sei dimenticata.
Ci fossero espertoni di piadina all'ascolto, notizie per la piadinopedìa sono ben gradite.