La confezione del Mandorlato Scaldaferro è un consuntivo di modernariato: fregi decò, caratteri anteguerra, impaginazione lontana da ogni contemporaneità, una grafica che non lascia scampo all'attualità. In effetti il laboratorio è in funzione dal 1919 a Venezia, senza soluzione di continuità, quasi un riverbero della tradizione veneta dei Mandorlati.
Scaldaferro produce i suoi torroni con l'ossessione dell'ingrediente: dal miele allo zucchero, dalle mandorle agli aromi, e la prova d'assaggio non lascia nessuna curiosità inesistata. Dentro un vassoietto che porta alla luce i torroncini, otto asteroidi traslucidi, biancheggianti, gibbosi e bitorzoluti. Tra i crateri in superficie le mandorle, appena un po' più ombrose.
Liscio al tatto, e compatto e duro: hai quasi paura ad addentarlo tanto la superficie appare vetrificata. Miele e sciroppo di zucchero, tanto che le dita rimangono un poco invischiate. Poi lo scatto della mandìbola che incontra una resistenza cedevole. Il meteorite si spezza in vaghi cristalli, fragile, friabile, scioglievole al calore del palato.
La dolcezza è furiosa, e prende le papille in ostaggio: poi le mandorle attutiscono e levigano, fino a comporre un sentimento di pasticceria nobile tra le fauci.
Masticare con prudenza, può generare dipendenza.
Referenza (e notizie) facilitate dal buon cuore di
Maria Grazia Melegari.