Bustrèng. Un nome dal suono duro, che rievoca qualcosa di rustico, antico e grezzo. Un nome che rispecchia l'essenza contadina di questo dolce tipico dall'area compresa tra la bassa Romagna e il Montefeltro, nato principalmente dall'esigenza di recuperare il pane raffermo. Pane che veniva ammollato nel latte, addizionato di zucchero, uova e strutto, e che veniva arricchito con quello che la terra offriva stagionalmente. Si tratta di una preparazione molto datata, forse risalente al Medioevo, la cui ricetta varia sensibilmente da zona a zona.
Un piccolo capolavoro è quello realizzato da Daniele Marziali, anarchico artigiano che ha il suo laboratorio a Saludecio, nelle colline riminesi. Alla versione classica ne affianca una senza dubbio interessante, che lega una preparazione di origini popolari ad un importante prodotto del territorio: il Sangiovese.
Questo bustrengo appare come un disco basso e schiacciato, dalla superficie ruvida e dall'interno umido, levigato, caratterizzato da una colorazione piuttosto scura derivante dall'utilizzo del vino. All'assaggio si nota immediatamente l'impronta decisa, ma non invasiva, delle spezie: anice, cannella e noce moscata. Consistenza pastosa, ravvivata da qualche noce nascosta qua e là nell'impasto. Genuino, schietto e non troppo zuccherino, è un dolce che risulta davvero piacevole, di quelli che rischieresti di finire senza accorgertene mentre conversi amabilmente a tavola.
Come tutti i prodotti che provengono da Il Piccolo Forno Marziali, anche il bustrèng non contiene conservanti, coloranti né aromi chimici, si mantiene quindi per circa 7 giorni.