Le Pàche - gli schiaffi - sono la risposta del Pastifizio Felicetti al successo di questo formato oversize della pasta di grano duro: progettazione, prove, obiettivi chiari per la realizzazione di una trafila che è una sfida per il pastaio ma anche per l'intera struttura.
Il pacchero infatti ha - in generale - delle peculiarità che lo rendono insidioso più di ogni altri formato. Non tanto nell'architettura, in quanto le conoscenze attuali consentono di trattare anche formati più arcani. Quanto nelle fasi successive alla produzione, cioè confezionamento e trasporto. Il pacchero infatti è ciccione e pensante, e soffre le scosse gli urti e le sevizie degli impianti di confezionamento automatico. L'insidia è una microfessurazione, che non si rileva ad occhio nè a strumento, ma si palesa solo in cottura: ed allora è di gran lunga troppo tardi.
Quindi sono occorsi mesi ai puntigliosi pastai trentini per trovare le proporzioni giuste: lo spessore della cartella è un po' più generoso, il diametro è fermo, la lunghezza è un po' più contenuta di quella classica. Da qui il nome (provvisorio): Pàche. Il Cucchiaio d'Argento ne ha assaggiato un campione in anteprima mondiale, in una confezione provvisoria vergata a mano.
La postura tozza si nota subito, appena rovesci la pasta dalla confezione. La superficie è assai ruvida, porosa, in questa beta issue segnati da una netta riga verticale. Rare le scheggiature, nulle le rotture integrali.
Ne caliamo 200g in abbondante acqua salata, girando senza troppa delicatezza, normalmente. Attendiamo la tradizionale esplosione di profumo del Monograno, che stavolta latita. A dieci minuti di cottura le Pàche sono ancora nervosissime. L'assaggio in purezza oltre al nitore della confezione esprime finezza e pienezza.
Preleviamo la pasta per mitigarla in padella, con un sugo di teste di crostacei: un paio di rotture, un paio di scheggiature. Il sugo s'arrampica sui paccheri, mentre l'acqua di cottura ne favorisce il fissaggio. Le Pàche tengono (per la precisione, fino al tredicesimo minuto) e non ci sono altre frammentazioni.
Completiamo il sugo con gamberi e capasante crude, che prenderanno il calore dalla pasta, e completiamo con del pane bruciato e cenere di prezzemolo. Il formato è comodo alla forchetta, raccoglie il condimento con vigore, si adatta perfettamente sia ai toni delicati del pesce che a quelli più burberi del pane tostato, anche se la sensazione è che dia il meglio di sè con i sughi più gentili.
Attendiamo la versione ufficiale nelle prossime settimane.
Disclaimer: sono legato da un rapporto personale di amicizia con Riccardo Felicetti. Che non sarebbe ulteriormente corroborato da una scheda inutilmente indulgente verso un nuovo prodotto della scuderia di Predazzo, per cui mi sento libero di esprimere e raccontare l'esperienza d'assaggio che ho potuto fare in anteprima.