I fagioli bianchi di Ustica sono una varietà quasi scomparsa, coltivata sull'isola in piccolissime quantità da un pugno di produttori. La varietà assaggiata proviene dalla coltivazione ancestrale di Pasquale Palmisano, che tratta il terreno a zappetta e raccoglie a mano. La piccola dimensione di questi fagioli deriva anche dalla ridotta quantità d'acqua e nutrimento che viene dal terreno. Immediata consequenza delle basse rese è la formidabile concentrazione di sapore pur a fronte di una buccia consistente.
Le informazioni reperibili su questo legume ci dicono che i semi sono stati portati sull'isola dai coloni verso la fine del '700. Una coltivazione manuale che prevede la semina a febbraio e la raccolta a giugno.
I fagioli di Ustica sono bianchi piccolini, colore uniforme e buccia omogenea. Per l'assaggio fatti rinvenire una notte in acqua e sale, e poi lessati 45 minuti. Solo una goccia d'olio per girarli.
Il profumo è delicatissimo, appena accennato. A cercare, trovi qualche similitudine con le mandorle, con il latte cotto, e in finale un brivido di limonata.
Sono molto sodi. Più croccanti che farinosi, hanno un tocco elettrico al tatto ma dolcissimo al sapore. Nervosi a masticarsi, ma gentili ed avvolgenti al palato, con un sapore densissimo e straodinariamente profondo. Prende campo e lo conserva, artigliando le papille per lunghi minuti quando compaiono ricordi di nocciole tostate e di castagne. L'ultima parola è però fresca d'erbe, deliziosamente persistente seppur sottile come una brezza mattutina.
Il Fagiolo di Ustica è strepitoso nelle
zuppe di verdura, ma chiede una buona misura di piccantezze per controbilanciare la spinta dolce. Nella pasta e fagiuoli chiama il lardo, fors'anche il prosciutto di base, ma non il formaggio. Semmai, se qualcuno proprio non ne può fare a meno: provolone stagionatissimo, o pecorino di fossa.