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Probabilmente l’immagine di due braccia bioniche che si muovono senza essere attaccate a un corpo, mentre stringono tra le mani mestoli e coltelli, non è tanto “romantica” come quella del topolino gourmet del cartone animato Ratatouille, ma nel futuro della cucina sembra più probabile che sarà un robot a preparare gustosi manicaretti e non un piccolo roditore (o altro essere vivente, uomo compreso).
È questa l’idea che ci si fa, infatti, vedendo in azione MK1, il robot chef firmato Moley Robotics di cui si parla in realtà da tempo, ma che ora ha una data di messa in commercio: il 2018. Dall’anno prossimo la società londinese metterà in vendita la sua “cucina robotica” capace di riprodurre più di 2000 ricette, tutte già incamerate in memoria. Una tecnologia sofisticata che è pronta a sostituire gli esseri umani davanti ai fornelli e chissà, magari, anche a conquistare una stella Michelin.
Il robot chef di Moley si inserisce all’interno di una sempre maggiore presenza della tecnologia nella vita quotidiana, cucina compresa. Anche Flippy, ad esempio, “vuole” diventare un cuoco, ma preferisce dedicarsi solo alla preparazione del suo piatto preferito, gli hamburger. Chi è, o meglio, cos’è Flippy? È un altro robot, precisamente un braccio meccanico progettato dalla losangelina Miso Robotics, che grazie all’intelligenza artificiale è in grado di cucinare svizzere perfette – riconosce le diverse cotture – e di adagiarle con estrema precisione sul panino.
Nel 2016, a Berlino, a cucinare e servire wurstel perfetti era stato Bratwurst Bot: anche in questo caso si trattava di un robottino che preparava in perfetta autonomia uno dei piatti tedeschi più popolari.
Una sfolgorante carriera nel mondo del beverage, invece, la sta facendo il robot Makr Shakr, che prende il nome dall’omonima start up torinese del professore e architetto Carlo Ratti e che da ormai quattro anni è un cyborg barman a tutti gli effetti. Invece di cucinare prepara cocktail per tutti i gusti e funziona grazie a una app da installare nello smartphone: il debutto dietro al bancone lo ha fatto nel 2013, alla Milano Design Week, con ricette di drink create da Il Cucchiaio d’Argento.
Non tutte le novità tecnologiche in cucina, però, possono fare a meno del tocco “umano” dello chef, pur essendo rivoluzionare come la stampante 3D: l’innovazione digitale, in questo caso, abbraccia il food. Utilizzate in moltissimi settori – dalla medicina all’ingegneria – le stampanti 3D applicate alla gastronomia hanno mosso i primi passi nel 2015: a sperimentarne le potenzialità, anche lo chef stellato Davide Oldani lo scorso anno, durante il summit milanese dedicato a food e tecnologia Seed&Chips, dove ha preparato diverse ricette, tra cui una che rievocava il suo “celebre” risotto allo zafferano. In più, ci sono già ristoranti che “stampano” la cena: il primo ha aperto a Londra nel 2016 e si chiama Food Ink, dove anche piatti, bicchieri e posate sono realizzati tramite stampanti.
In rete, e in particolare sui social network, queste invenzioni hanno già scatenato il dibattito tra favorevoli e contrari: chi cucinerà in futuro? Gli uomini o le macchine? A essere tramandate saranno ancora le ricette delle nonne in carne e ossa o quelle custodite nell’archivio digitale di “nonne robot”? Ai posteri l’ardua sentenza.
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