In un recente ed elegante
post apparso sul proprio blog, Fabio Rizzari, curatore della guida ai vini dell’Espresso, evidenzia come negli ultimi anni gli appassionati abbiano abbassato il livello di guardia nella valutazione dei difetti nei vini, arrivando a tollerare riduzioni, volatili e fecciosità ben oltre il comune senso del pudore (e dei parametri della contemporanea enologia).
Il discorso cambia parecchio con le sensazioni date dal legno (vaniglia, cannella, cioccolato, ecc…), per le quali non si nutre il minimo senso di pietà. Insomma: alla prima sfumatura derivante dal contatto con i contenitori di rovere gli appassionati anni Dieci storcono il naso.
Dunque il consiglio di oggi non è per loro.
Il Cambrugiano, selezione / cru (è anche il nome di un vigneto) della cantina Belisario, è il più borgognone dei Verdicchio di Matelica.
Dove per ‘borgognone’ si intende normalmente vino bianco a trazione integrale, ‘racchiuso’ in note del legno più o meno evidenti in gioventù.
Figlio di una annata rivelatasi eccellente in zona (se lo trovate acquistate senza esitazione un altro Verdicchio di Matelica, il
Mirum 2010 della Monacesca, un vino destinato probabilmente alla storia della denominazione), il Cambrugiano ha nella coerenza – i sommelier la chiamano ‘armonia’ – la propria carta vincente: colore, profumi e sapori parlano la stessa lingua.
Dorato ma nervoso alla vista, con note di legno non proprio sfumatissime (balsami e crema pasticcera) che contrastano un po’ con il lato varietale (fiori bianchi, agrumi), ricco e fruttoamaro al palato, e con un finale grasso, elettrico e ammandorlato, nuovamente sfumato dal legno.
Non lo ingessato con temperature troppo basse. Provatelo sopra un vitello. Circa 15 €.