No, non avete sbagliato, la Velenosi vini, nata nel 1984 per iniziativa di Angela ed Ercole Velenosi e dal 2005, diventata Srl. a seguito dell’ingresso di un nuovo socio, Paolo Garbini, continua ad avere sede ad Ascoli Piceno e a concentrare gran parte della propria produzione, che è
ampia e differenziata, sui vini della tradizione ascolana. Parlo, in bianco, del Falerio, della Passerina, del Pecorino, che propongono in versione Falerio Doc, in versione Offida Docg, ancora come Offida Docg ma in una versione affinata in legno, ed in rosso del Rosso Piceno, una versione base da vigneti di proprietà situati nei comuni di Castel di Lama e Ascoli Piceno, quindi il Brecciarolo Rosso Piceno Superiore, ancora da vigneti di proprietà situati nei comuni di Offida e Ascoli Piceno, quindi ancora il Rosso Piceno Brecciarolo Gold e lo storico Rosso Piceno Superiore Roggio del Filare.
Oltre al pluripremiato dalle guide – è il tipo di vino perfetto per loro – Ludi, un Offida Doc Rosso a base di Montepulciano e bordolesi e tanto legno. Però, anche se ascolana nel profondo, la Velenosi come azienda marchigiana non poteva dimenticare che sul territorio regionale esistono altre realtà importanti e trattandosi di azienda dalle dimensioni robuste, con una percentuale relativa alle esportazioni molto importante, ha pensato bene di inserire nella gamma anche altri vini non ascolani.
Parlo del Lacrima e Lacrima Querciantica, da vigneti in San Marcello, del tradizionale vino di visciole e soprattutto, imbottigliato nel 2005 per la prima volta, con tutto il rispetto per Pecorino e Passerina, del bianco marchigiano per antonomasia, il Verdicchio dei Castelli di Jesi.
E con questo vino devo dire che la vulcanica e simpaticissima Angela Velenosi (che con la consulenza del bresciano Cesare Ferrari produce anche dei metodo classico che vanno progressivamente migliorando e acquistando personalità) ha fatto centro, avendo scelto bene i vigneti nella zona più antica dei Castelli di Jesi, da qui la tipologia classico rivendicata in etichetta, a 100 metri d’altezza, su terreni di medio impasto tendenti al sabbioso, con resa per ettaro contenuta a 80 quintali.
E con una tecnica di produzione e vinificazione che prevede la raccolta delle uve, “a mano, la mattina presto o nel tardo pomeriggio, in piccole cassette riposte, prima di arrivare in cantina, in celle frigorifere”, e la spremitura soffice delle uve in condizioni di leggera surmaturazione. Il risultato è un Verdicchio dei Castelli di Jesi classico con i controfiocchi, che se la può tranquillamente giocare con tanti Verdicchio di aziende residenti nella zona di produzione.
Colore paglierino verdognolo di buona consistenza e grassezza nel bicchiere, mostra un naso tipico, fitto, denso, maturo, di buona complessità aromatica: note di pesca noce, pesca bianca, agrumi, fiori bianchi, nocciola e mandorla fresca, fieno, una leggera vena di noce e di anice, e una sapida mineralità che dà freschezza e slancio. Attacco in bocca ben secco, deciso, di buona persistenza e sapidità, persistenza abbastanza lunga e una vena ben asciutta e decisa sul finale, che richiama la mandorla, con acidità ben pronunciata e nerbo. Ha larghezza e peso sul palato e buona struttura. Bilanciato, armonico, molto piacevole.
Un bel Verdicchio che ci si può sbizzarrire ad abbinare, è questa una delle grandi armi vincenti di questo classico bianco marchigiano, a tanti piatti, non solo pesce, ma anche carni bianche, coniglio soprattutto.