Uno degli assaggi più appassionanti e curiosi di quest'anno a Vinitaly è stato l'insolito tandem campano-friulano tra vitigni autoctoni delle produzioni di Feudi di San Gregorio "Selezioni" e Sirch. Complice la presenza allo stand veronese del sommelier, nonchè brand ambassador dell'azienda campana, Federico Graziani è stato molto interessante verificare calice alla mano alcune caratteristiche di vitigni che si comportano in modo simile quando hanno a che fare con certi tipi di terroir.
Ma prima un passo indietro per i meno "addetti ai lavori", che si staranno chiedendo cosa ci facevano bottiglie friulane in un padiglione a sud: in realtà è molto semplice, perchè il fil rouge che lega le due aziende è proprio Pierpaolo Sirch, proprietario assieme al fratello dell'omonima azienda friulana, e agronomo di lungo corso e da pochi anni amministratore delegato dell'azienda campana Feudi di San Gregorio.
Credo che ciò che ha affascinato Pierpaolo Sirch tanto da convincerlo a dividersi tra l'Irpinia e il Friuli sia esattamente quella affinità elettiva di territori e uve che io ho ritrovato nella degustazione delle due accoppiate di vini bianchi da cui sono rimasta piacevolmente sorpresa.
Ma ecco gli esiti del singolare confronto tra monovarietali ribattezzato "la strana coppia":
Ribolla gialla Vs. Greco: Su un suolo argilloso trapuntato di marna nel cuore dei Colli orientali del Friuli, le pregiate uve di ribolla si alimentano di sole e brezza fresca anche nelle notti estive. La vinificazione prevede una breve macerazione a contatto con le bucce per il 30% delle uve, a cui segue un affinamento di circa 6 mesi in inox. Il Greco Cutizzi della linea "Selezioni" (ndr. quella con le etichette con i colori primari disegnate da Massimo Vignelli, l'unico designer italiano che ha una sala tutta sua al MOMA di NYC) è prodotto con le migliori uve dei vigneti più vocati dei terreni gessosi di Santa Paolina, e viene lavorato in inox per 5 mesi con la tecnica francese del batonnage. Ma veniamo al dunque: perchè questa strana coppia? Il comune denominatore è certamente la vena di acidità che percorre i due calici. Tesi e affilati quasi a quadrarsi nel bicchiere, fino a rendere i profumi fruttati energici e vibranti. Il suolo sicuramente aiuta ad esprimere la severità delle freschezze, ma nel sorso si riconoscono immediatamente le note agrumate che tendono al limone più solare nel Greco, con effetti rinfrescanti quasi di menta piperita e timo limoncino, e che rimandano al maracuja e salvia con una punta di pepe bianco nella Ribolla.
Malvasia Vs. Fiano: dalla marna pura invece arriva una Malvasia fitta e salina, accanto ad un altrettanto sapido calice di Fiano Pietracalda, le cui uve appartengono alle colline di Sorbo Serpico, nel cuore della vulcanica Irpinia. La matrice minerale del suolo si rispecchia nei vini, donando loro un'intensa finezza salina che da risalto alle eleganti note floreali che danzano tra i profumi di fiori bianchi delicati nella Malvasia e di fiori gialli e mediterranei nel Fiano. L'aromaticità della Malvasia emerge in uno splendore di eleganza tessuta dalle trame minerali che tendono il sorso, e cenni di zenzero fresco lo allungano donandogli persistenza. Il Fiano insieme ai grani di sale, poggia grani di zucchero sugli agrumi freschi per renderli canditi secondo la migliore tradizione nordafricana, e a chiudere il sorso insieme alla ginestra sul finale arriva una lieve camomilla di campo.
Per citare il regista Wim Wenders:"Così lontano, così vicino!"