L’editore e soprattutto i lettori non me ne vorranno, se in una testata esigente, colta e patinata come il Cucchiaio parlo di un vino che gli intenditori non esiterebbero ad etichettare come “industriale”. Sì, perché
Toso è una società per azioni, e in un periodo in cui anche il fruttarolo sotto casa cerca di convincerti che i
Marines hanno sostituito il
napalm con il corno letame, quella foto nella prima del sito aziendale, con il laboratorio, i camici bianchi e le provette, è un cazzotto scagliato dagli anni Settanta verso l’immaginario
ecological oriented di questi anni Dieci.
Ma la degustazione - sono sicuro di averlo letto da qualche parte - consiste nel valutare quello che c’è nel bicchiere, senza farsi influenzare da marchi, loghi, foto, emozioni, simpatie, etichette e quant’altro.
E allora: questo Fiocco di Vite è buonissimo, semplice, privo di confezione (rarità nelle bolle super economiche, quasi sempre chimiche e plasticose negli aromi) senza essere rustico, e alquanto puro. Soprattutto colma, nel suo piccolo, quel vuoto di chi, come il sottoscritto, è sempre alla ricerca di buoni frizzanti bianchi e secchi. Visto che a tavola sono i più bravi a fare da semplice “sponda” al cibo. Più vivo e verde di un Prosecco di pari tipologia. Krug 1988 è più buono, concordo, ma questo costa meno di 5 €.