In un dato momento della nostra storia si diceva Supertuscan come oggi si dice Vini Naturali, anche se i portatori sani di quella parola erano assi diversi: camicie a sette bottoni fuor dai calzoni quelli, brache in velluto a coste questi. Due modi diversi di essere cool.
Oggi dire Supertuscan fa venire un brivido, un soprassalto. Parlare di vini "migliorati" fa quasi scherzo. Con molte parti di ragione, non c'è che dire.
Eppure quelle centinaia di milioni di miliardi di bottiglie di vini tondi & felpati da qualche parte devono pur andare, e nelle cene tra amici i tagli bordolesi fanno sempre un figurone. Magari s'impiantano a mezza bottiglia, ma tra "oooh" d'approvazione.
Il "Vino in musica" di Valiano è un Sangiovese e Cabernet paritario, passato 18 mesi in barriques: roba da far tremare i polsi e le vene.
Roba rubina, appena alleggerita al bordo, profonda senza sprofondare nel blu. Tesissimo sul vetro, disegna un orlo alto e ricamato in fittezza.
Naso convinto e consolidato: eppure un filo prevedibile, con quel suo arrotarsi attorno alle vibrazioni del cioccolato e del caffè. Bello però il termine ammarascato, lievemente elettrico in superficie. Ampio, e ventoso.
L'assaggio è irrequieto: nella prima ora le mollezze del Cabernet prevaricano, affossando il sorso in una coltre lanosa e calda, di nulla acchiappanza. Poi il bicchiere si innalza, si issa su una verticale irta e irsuta, fumigante di tannini belli schietti, ripidi e movimentati. Il sorso si fa più lindo, lineare e aperto d'orizzonti. Fino al finale dilagante, sibilante dell'acidità del Sangiovese finalmente riviviscente.
Di certo un bicchiere non banale, da attendere non meno di un par d'ore dall'apertura.