Aumenta progressivamente il numero delle aziende che in Toscana, un po’ in tutte le aree di produzione, comprese le denominazioni più celebri, non hanno problemi ad inserire nella gamma dei loro vini, accanto a rossi importanti e strutturati, vini rosati. Le uve utilizzate sono le più disparate e comprendono sia varietà internazionali (ma un rosato di Merlot, di Cabernet o di Syrah non è che sia particolarmente interessante…) che varietà autoctone, e a mio parere i risultati migliori si ottengono quando ad essere protagonisti sono Sangiovese e Canaiolo. Utilizzati insieme o ciascuno per conto proprio. E questo il caso, con un uvaggio costituito da Sangiovese per il 95% e da Canaiolo per il 5% di un rosato, il Rossinello, prodotto da un’azienda agricola attiva in provincia di Arezzo, a Mercatale Valdarno, Mannucci Droandi, a proposito della quale vale la pena spendere qualche parola.
Innanzitutto raccontando che i Mannucci furono proprietari terrieri in Valdarno almeno dai primi del XIX° secolo e i Droandi coltivatori in Carmignano ed un Droandi, Lorenzo, fu amministratore della Fattoria del Borro (oggi proprietà dei Ferragamo) nella seconda metà dell’Ottocento. La storia moderna dell’azienda ha inizio intorno al 1970 quando originarie coltivazioni promiscue di vite, olivo e cereali furono sostituite da vigneti e oliveti specializzati per iniziativa di Alberto Mario Droandi e della moglie Matilde Mannucci. E ancora oggi che l’azienda è un po’ cresciuta, è rimasta la gestione a conduzione familiare, con Roberto Mannucci Droandi e la moglie Maria Grazia ed i nipoti Andrea e Matteo Mammuccini.
Altra cosa interessante da sottolineare, oltre all’adozione del metodo dell’agricoltura biologica, è che l’azienda ha dato vita ad un vigneto sperimentale volto alla “Conservazione del germoplasma viticolo della Provincia di Arezzo” (come recita l’autorizzazione della Regione Toscana), nel quale sono stati impiantati vecchi vitigni un tempo diffusi nella zona ed ora a rischio di estinzione. I vigneti sono situati in due aree, in quella di Campolucci, situato sulle pendici orientali dei Monti del Chianti (comprensorio del Chianti sottozona dei Colli Aretini) ad un’altitudine di 250 metri sulla sommità di una collina esposta a Sud che guarda l’antico borgo fortificato di Caposelvi, nei pressi di Mercatale Valdarno e il il podere Ceppeto situato anch’esso sul lato Ovest dei Monti del Chianti nel comprensorio del Chianti Classico sulla pendice Sud della collina dominata dal castello di Starda (Comune di Gaiole in Chianti).
Il Rossinello nasce dai vigneti di Campolucci – Caposelvi, da uve vinificate da tre generazioni ma solo dal 1998 trasformate e imbottigliate con proprio marchio. La vigna da cui nasce questo rosato, che vuol essere, scrivono, “un vino giovane, fruttato, profumato, vivace espressione del territorio e del frutto di origine, per il piacere di assaporare come un tempo gli aromi e i sapori inconfondibili del Sangiovese appena svinato”, è posta su terreno sabbioso limoso di medio impasto, a 250 metri di altezza, e viene allevata a cordone speronato con inerbimento permanente. La tecnica di vinificazione prevede diraspatura e pigiatura soffice dei grappoli scelti vendemmiati a mano, una breve macerazione sulle bucce che precede la svinatura del mosto fiore che viene fermentato a parte in piccole vasche di acciaio inox a bassa temperatura. La successiva evoluzione in vasca precede l’imbottigliamento, che avviene precocemente entro pochi mesi dalla vendemmia.
Il risultato è un rosato, di spiccato carattere toscano e da Sangiovese, dal colore cerasuolo spiccato, dai profumi intensi e densi di ciliegia e prugna nera, di viola e iris, con una vena selvatica che richiama la liquirizia e la macchia mediterranea e accenni pepati. La bocca è piena, succosa, di ampio sviluppo, con una componente tannica che si fa sentire senza disturbare, e un gusto ricco di materia e molto persistente, con una vinosità e alcol molto bilanciati. Un rosato da gustare a tavola su preparazioni a basi di carni bianche e su salumi.