Dicono che analizzandone la scrittura, espressione grafica delle parole, si possano capire molte cose del carattere e della personalità degli esseri umani. E più guardo questa etichetta mi convinco che il carattere minuscolo color seppia non è solo una sobria scelta grafica di grande gusto per Paolo Zanini e sua moglie Mara. Sotto il nome "
redondèl" nella web page, c'è scritto "piccola azienda agricola": il minuscolo è un modo di sentire, di approcciarsi, di farsi piccoli di fronte agli altri grandi della zona, ma soprattutto piccoli di fronte alla meraviglia della natura. Il minuscolo è un modo di farsi da parte rispetto al vino, una richiesta di fiducia, quasi una domanda incredula di complice empatia cui solo chi assaggia le bottiglie di questo giovane uomo e di questa giovane donna di Mezzolombardo può avere risposta.
"faccio vino perché a nove anni mio padre mi svegliava all'alba per accompagnarlo nelle vigne ; faccio vino perché solo a quattordici - sotto l'occhio di papà o dei collaboratori anziani - ho compiuto le prime potature: ed è stata gioia, come i regali la mattina di Natale. ; faccio vino perché non saprei fare altro e ne vado orgoglioso; quando sono tra le mie vigne mi sento a casa, più di quando lo sono in realtà." così scrive Paolo nel suo "(me) manifesto" e non credo si possano aggiungere altre spiegazioni, a parte il fatto che la piccola azienda agricola è nel cuore, negli occhi e nelle mani di persone che il vino lo sanno fare davvero, e che non sono definiti bravi solo perchè si dice nel vino che "piccolo è bello". paolo e Mara vivono il tempo della vigna con costanza e determinazione, con capacità di comunicazione attenta, senza strafare, per seguire i loro 3 ettari di uva portandola al meglio delle sue potenzialità, e vendemmia dopo ogni vendemmia per portare il loro vino fuori dalla cantina, nei bicchieri di chi è in grado ancora di aprire gli occhi per conoscere e riconoscere. Riconoscere che c'è qualcosa di diverso, a partire dal nome.
Il "teroldego beatome" cresce nell'anfiteatro naturale creato dai depositi alluvionali portati dal fiume Noce, nella piana Rotaliana, dove le pergole trentine sono accudite senza impiego di zolfo e mantenendo l'inerbimento spontaneo, il che - anche senza etichette - è molto più che bio. Il teroldego non è un vino facile da portare alla bottiglia: dai tratti a volte scostanti, riservato e testardo, nel farsi addomesticare dall'uomo, ma arriva ad espressioni impagabili, come questa annata 2006 di "beatome". Ottenuto da vigne vecchie di ottant’anni, beneficia di una lunga sosta in cantina in botti di legno, dove col passare dei mesi acquisisce una struttura tridimensionale elegante e compiuta. Un vino dalla complessità sorprendente, e dal calore avvolgente. Subito profumi di bosco e sottobosco, una traccia resinosa rotonda e un'intensità di frutto ricca, insieme a note di olive nere e violette candite, cioccolato fondente e freschezze leggermente mentolate. Il sorso è ampio e lunghissimo, polposo di more e prugne scure, sfumature di cacao che tornano e si posano sui tannini fitti, densi e docili. Un gran bel vino.
E se gli si chiede il perchè di questo nome, Paolo sorride ed esclama "Beatome... che posso fare il contadino e accudire le viti che erano di mio nonno."