“Ma la tua amata Puglia ed il suo Salento se li è forse dimenticati?” si sarà chiesto qualcuno notando come quest’anno non abbia ancora dedicato il consueto spazio, in questo appuntamento settimanale dedicato ai rosati, che in passato ho riservato ai rosati pugliesi. E’ vero, questo è stato un anno un po’ particolare, che è andato com’è andato, e a differenza dagli anni precedenti nel 2014 per motivi vari non tutti dipendenti dalla mia volontà, non sono sceso nell’amata terra di Puglia e non ho potuto degustare la quantità di vini di questa terra devota a Bacco che assaggiavo gli altri anni.
Però ho ugualmente trovato il modo di mettere ugualmente alla prova, anche se non in loco, alcuni vini di aziende serie che conoscono e non dimenticano il lavoro intenso che ho fatto per più di vent’anni per far conoscere la Puglia del vino ed in particolare i suoi rosati, e che non credono certo – nonostante qualcuno tenti incautamente di farmi passare per tale – io mi sia trasformato in un “inimicus Apuliae”. E i rosati buoni sono puntualmente saltati fuori.
Uno dei questi, veramente splendido, viene da un’azienda posta in una località del Salento, Basso Salento direi,
Scorrano, a metà strada da Lecce e Santa Maria di Leuca, che ha un carattere particolare essendo di proprietà della stessa famiglia da un millennio, da quando la famiglia Guarini dalla natia Normandia decise di stabilirsi in Puglia partecipando alle conquiste di Roberto il Guiscardo nel Sud del nostro Paese.
Nel 1065 Ruggero Guarini, il primo della famiglia di cui hanno testimonianze dirette difese la città di Lecce dall’attacco di Beomondo d’Altavilla principe di Taranto. Oltre 900 anni dopo l’azienda agraria è sempre sulla breccia e conta su qualcosa come 700 ettari di proprietà suddivisi in tenute e masserie, e accanto alla parte viticola, 70 ettari dislocati tra Lecce e Brindisi, a quella olivicola, 265 ettari, con impianti plurisecolari, vengono prodotti e trasformati cereali e ortaggi, oltre ad un allevamento ovino per la produzione di formaggi.
Alla testa dell’azienda il duca Giovanni Guarini, che avvalendosi della consulenza di un bravo enologo come Giuseppe Pizzolante Leuzzi ha messo a segno negli anni una gamma di vini buoni, affidabili, assolutamente non modaioli, e dal rapporto prezzo-qualità vincente. Che si vendono benissimo anche all’estero, dagli Stati Uniti alla Polonia, dove sono stati introdotti dall’amica Elisabeth Babinska Poletti.
Parlo del Primitivo Salento Vigne Vecchie, e del più impegnativo, affinato in grandi botti di rovere (non barrique deo gratias!) per 24 mesi, il Boemondo. E che dire dell’inusuale, scoppiettante energia, Malvasia Nera in purezza Malia, (dalla Malvasia viene prodotto anche un buon rosato, il Malia rosa) che nel giugno dello scorso anno, in terra pugliese, fu protagonista di una sorprendente verticale celebrata persino
da Doctor Wine, alias Daniele Cernilli?
E non dimentico poi, ma dovrei citare anche altri vini, come l’ultimo nato, il Taersìa, negroamaro vinificato in bianco, il Negroamaro Piutrì che nasce in un microclima del tutto particolare (200 metri di distanza dal mare Adriatico) su terreni sabbiosi e limosi e allevamento a cordone speronato, un terroir che si giova dei freschi venti di nord est e assicura al vigneto piena sanità, nella tenuta Pìutri sita nella frazione
Campo di mare di Torchiarolo, a sua volta frazione di San Pietro Vernotico, tra Brindisi e Lecce.
Una tenuta che giace dove in passato si trovava un’enorme pianura alberata, una zona bonificata “illo tempore” e quindi trasformata anche a vigneto. E’ curioso ricordare come in passato “Campo di Mare si chiamasse il
mare delle femmine, venendo contrapposta a San Gennaro, il
mare degli uomini. Non era, infatti, costume che ci si esponesse agli sguardi indiscreti gli uni degli altri mentre ci si immergeva nella acque marine”. Campo di Mare è caratterizzata dalla quasi costante presenza della
tramontana, e quindi è ventilato e questo giova alla coltivazione delle uve. Dalla tenuta Piutrì e da questa zona di vigneti che “guardano” verso il mare e ne “respirano” la vicinanza, arrivano le uve Negroamaro, coltivate con metodo biologico certificato, del rosato (100% Negroamaro) che voglio consigliarvi oggi, e che porta il nome di Campo di mare.
Un rosato splendido dal colore, un melograno, granatina brillante, dai riflessi scintillanti, e subito d’immediata presa, fitti e carnosi, i profumi, di sale, macchia mediterranea, erbe aromatiche, agrumi, piccoli frutti di bosco e curiosamente di liquerizia, che ritornerà nel finale di bocca. La bocca è asciutta, diritta, nervosa, ben secca, polputa il giusto, più verticale e ricca di nerbo che ampia, con un gusto ben secco e un perfetto equilibrio tra acidità, sale e frutto, e una grande freschezza. E una piacevolezza, con quell’intrigante liquirizia nera e quella mora di rovo che si fa sentire, che invita a bere, nel mio caso in abbinamento – perfetto – ad una parmigiana di melanzane…