Attenzione amici dei rosati, e dei rosati di quella terra da rosati per antonomasia che è il Salento. Questo non è un “rosatello” qualsiasi, di quelli “mordi e fuggi” senza pretese, ma un rosato prodotto con la consueta formula, che vede dominare il Negroamaro con un saldo di un venti per cento di Malvasia nera, tanto per attenuare la forza e l’impeto del Niurumaru, che ha fatto la storia e la fortuna dei rosati di questo splendido angolo della Puglia.
Questo Bonsignore 2012, prodotto dalla piccola Cantina Alessandro Carrozzo di Magliano, frazione di Carmiano nel cuore di quel Salento che una volta era tutta una distesa di vigneti e dove oggi, purtroppo, vediamo spesso il proliferare disordinato di pannelli fotovoltaici, è un rosato non destinato a durare una sola stagione, quella estiva, e ad accompagnare i piatti freschi, non impegnativi, a base di verdure, oppure paste fredde, riso in insalata, antipasti freddi, della cucina di questi mesi. Ma è un rosato ben strutturato, se mi consentite l’espressione non proprio finissima “ca…to”, che potrete tranquillamente accostare anche a preparazioni a base di carni bianche, pollami e coniglio, oltre che su umidi e zuppe di pesce quando l’estate sarà un ricordo e sarà già epoca della nuova vendemmia.
I Carrozzo, i genitori Giuseppe e Luigina, i figli Alessandro, Elena ed Elisabetta, sono una splendida e laboriosa famiglia di vignaioli salentini, direttamente impegnati in cantina e soprattutto in vigna, negli 11 ettari posti in Contrada Ceci, Pozzelle, Mali, vigneti ad alberello pugliese anche di cinquant’anni d’età. A loro il rosato riesce e piace così, succoso, generoso, dotato del vigore e della pienezza di un rosso. Un vino d’impatto come il loro vino simbolo, il Negromaro in purezza rosso, Carminio, uno di quei vini che a mio avviso con più fedeltà testimoniano la grandezza di questo vitigno identitario salentino, che ha una precisa vocazione, quella di farsi bere golosamente e copiosamente. Esaltando ed esaltandosi a tavola.
Un nome, Bonsignore, ispirato ad una delle storiche contrade vinicole di Carmiano, per un vino che che magari non sarà dotato della tecnica raffinata, ma un po’ laccata e un filo “furbetta”, da prodotto studiato a tavolino e poi eseguito in laboratorio, pardon, cantina, dall’abile enologo consulente di turno. Ma è proprio questa sua “rusticità” contadina, che è autenticità, precisa volontà di lasciare esprimere unicamente la terra e l’uva, ad avermi conquistato e a consigliarvi di metterlo alla prova e farvene conquistare.
Colore cerasuolo corallo carico, splendente, di grande densità ed intensità, (un colore vero, non un colore “aggiustato” ad arte…), si propone sin dal primo impatto con un naso solare, fitto, carnoso, inconfondibilmente meridionale e pugliese, dove le note agrumate, di pompelmo rosa e arancia rossa s’intrecciano a quelle di macchia mediterranea e di liqurizia, con una vena selvatica e salata. L’attacco in bocca è ben secco, maschio, di grande energia, ampio sul palato e succoso, largo e voluminoso, consistente, dalla materia di un rosso quasi, con sostanza e peso, con ricchezza di sapore e persistenza terrosa, e giusta vinosità, con filo di tannino che si avverte appena ma non disturba, ma bilanciati da una notevole sapidità, da una freschezza e vena acida che invita a bere con soddisfazione.
Non dovrebbe forse essere questa la “mission” di ogni rosato degno di questo nome?