E' facile scambiare l'autodenominazione di questo bianco per un atto di egocentrismo. Basta passare un pomeriggio dalle parti di Badde Nigolosu per comprendere invece che si tratta di una dichiarazione d'amore: simbiotica e irresoluta, tinta delle tinte dell'amore viscerale.
Il Vermentino di Dettori è coltivato sotto il sole cocente dell'Asinara, con la macchia che soffia brezze tutt'attorno. Pochi etti di uva Vermentino per ogni pianta, totale rispetto del frutto, vasche di cemento, rigore ascetico.
Il risultato sono 15.5° di nettare ambrato, appena velato, ceruleo sul cristallo.
Ha profumi profondi e complessi da vino rosso: ricorda certe ciliegie sotto spirito, certi fichi secchi. Poi l'esplosione delle fruttosità mature, ricurve, e di quella sensazione d'argilla arroventata al sole. Meglio, terracotta.
Solo all'uscita, un incontro di buccia d'arancia candita.
Il sorso è inimitabile: quasi tannico all'attacco, resta in bilico tra l'amaro e il dolce, quando tratti rugginosi emergono chiari. La corrispondenza è marcata, il passo è deciso come una marcia militaresca; il finale si fa enorme di quella potenza alcoolica che finalmente trova una via. L'esito è travolgente, e tiene in ostaggio il palato per ore.
Dettori Bianco è un riferimento: va bevuto.