Vocati agli antichi vitigni autoctoni, dalle parti di San Marco Argentano c'è anche la voglia di sfidare il Cabernet: e metterlo in bottiglia con un nome figlio del più amato Toccomagliocco.
Il Cabernet di Calabria, nemmeno troppo basso di altitudine, è diverso da come t'aspetti, anzi risuona di echi che il Cabernet proprio non lo ricordano. Ha questa esplosione di tè Puh Er che acchiappa il naso, lo tiene in ostaggio e non lo libera se non dopo lunghe trattative: per esalare frutti stramaturi, composte di mela cotogna, solo un refolo d'alcool in fondo.
Il colore è quello giusto, rubino e vero, profondo ed espressivo.
L'assaggio copia con aritmetica esattezza le armonie olfattive, seppur nella prima parte. Poi il sorso si allontana, prende la tempra alcoolica, combattuta tra una timbrica calda di calore vaporoso e una riga tannica quasi verde, lunghissima, insistente.
Un bicchiere insolito, curioso, dalla personalità atipica e rilevante, ma a tratti attraversato dal dubbio dell'incompiuto. Vale la pena di attenderne l'evoluzione, almeno per un par d'anni.